Living – Vivere da uomini

Il nostro parere

Living (2022) UK di Oliver Hermanus


Nella Londra degli anni Cinquanta, un impiegato statale privo di senso dell’umorismo decide di prendersi una pausa dal lavoro per assaporare la vita dopo aver ricevuto una diagnosi sconfortante.


Remake del film di Akira Kurosawa del 1952, Vivere, Living è un film dolce, squisitamente triste. Nell’originale, era Mr Watanabe, interpretato da Takashi Shimura; ora è il signor Williams, interpretato da Bill Nighy. Quando uscì il film di Kurosawa, era un’opera ferocemente contemporanea sul Giappone moderno. Hermanus e Ishiguro hanno preso la decisione di ambientarlo nella Londra degli anni ’50, riformulandolo ingegnosamente e aggiungendo particolari sulla mentalità dell’epoca, sulla considerazione delle donne.

Nighy è timido e sensibile, il suo profilo raffinato si consegna alla macchina da presa in modo crudo ed enigmatico. Un uomo che ha dovuto sopprimere per tutta la vita uno spirito naturale al servizio di un lavoro noioso che non significava nulla è il simbolo della vita sprecata. La sua rinascita dolorosa è causata dalla sua diagnosi, ma anche dalla sua platonica infatuazione per una giovane donna: l’innocente Margaret che lo affascina, forse perché ha il coraggio di lasciare tutto per provare qualcosa di nuovo, riuscendo in ciò che lui ha sempre temuto di fare.

Un elemento debole in Living è la vita familiare di Williams; suo figlio e sua nuora, con i quali condivide la casa, non vengono mai messi a fuoco. E il momento chiave in cui, in uno squallido nightclub, Williams si alza e canta tremante la canzone tradizionale “Oh Rowan Tree” non ha proprio l’intensità di Shimura che canta “Life Is So Short” in Ikiru. Altrimenti, però, Living offre un raro esempio di rifacimento di un capolavoro che può reggere il confronto con l’originale.

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