In guerra per amore (2017) ITA di Pif
Opera seconda di Pif che stavolta veste i panni di Arturo Giammarresi, un giovane italoamericano che si arruola nell’esercito USA per lo sbarco in Sicilia, allo scopo di chiedere la mano della propria fidanzata, promessa dagli zii a New York ad un altro, al padre della ragazza, rimasto in patria. Durante la sua permanenza verificherà che gli americani hanno stretto un patto scellerato con la mafia al fine di facilitare l’occupazione della regione.
L’impegno contro la mafia è ancora alla base del secodo lavoro cinematografico di Pif, anche se lo sguardo è rivolto principalmente al passato, individuando come cause dell’affermazione mafiosa, l’accordo segreto siglato dall’esercito alleato con i mafiosi. Lo fa con il consueto garbo e con un discreto gusto dell’immagine che ne afferma una solida professionalità al di là della sua natura prettamente televisiva.
Prevale tuttavia la volontà di testimoniare la tesi storica, peraltro contestata da esperti e con errori clamorosi come gli elicotteri mai utilizzati nella seconda guerra mondiale dagli americani, sulla scorrevolezza del film centrato ancora su di lui come protagonista, nonostante gli evidenti limiti della gamma espressiva.
Pif mette carne al fuoco citando Ettore Scola, Benigni, Forrest Gump e una connotazione fortemente paradossale e grottesca con i due personaggi “laterali” del cieco e dello zoppo, presunta anima poetica della pellicola, ma in realtà corpo quasi staccato dal resto. Il difetto principale sta poi nel taglio identico al suo programma televisivo. La voce fuori campo ricorda troppo Il testimone, suo maggiore successo, e lo stile delle sue trasmissioni per non suscitare un moto di fastidio. Perchè Diliberto non si affida, infatti, alla narrazione, perchè deve ricorrere alla sua voce per spiegare quello che è già evidente. Il tono didascalico infastidisce, interrompe la poesia, strozza il racconto.
