Belli di papà. Qual è la generazione sconfitta?

Il nostro parere

Belli di papà (2015) ITA di Guido Chiesa

Un ricco imprenditore capisce che i suoi tre figli sono dei bamboccioni senza senso. Per salvarli si inventa una bancarotta e costringe i figli ad andare con lui nella natia Puglia dove devono lavorare (seriamente) per vivere. I figli troveranno finalmente la loro strada, ma emergerà chiaramente che il padre li ha sempre trascurati, costantemente impegnato nell’azienda e concentrato esclusivamente su se stesso. Sarà un percorso di crescita per tutti.

La lezioncina morale è particolarmente fastidiosa, soprattutto se esibita e spiegata per chi non l’avesse colta alla prima lettura. Questo è il primo difetto del film cui si accompagna una sceneggiatura che va per luoghi comuni e manca spesso di efficacia. I ricchi cattivi e cinici contrapposti alla gente semplice e di cuore fa un po’ tristezza, come lo scontatissimo happy end finale in cui tutti vivono felici e contenti per l’eternità.

C’è un timido tentativo di fare un’analisi sociologica dei rapporti generazionali, scavando nelle colpe degli “adulti” ma non si esce dalla simpatica caratterizzazione di Abatantuono, cui basta un sopracciglio levato e una smorfia per far sorridere. I migliori momenti sono, infatti, quando lui e  Catania duettano utilizzando gli sguardi per esprimersi. Poi c’è poco di più.

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