Una gallina nel vento

Il nostro parere

Una gallina nel vento (1948) JAP di Yasujiro Ozu


Un uomo torna dalla seconda guerra mondiale e scopre che sua moglie disperata aveva fatto ricorso a una notte di prostituzione per pagare le spese ospedaliere del figlio.


Ozu descrive il disastro lasciato dalla guerra alla società civile costretta a sopravvivere come può. Anche se il film è il film meno apprezzato anche dal regista, tutta la sua tecnica si dispiega in un lavoro da orafo. Il film è formalmente un melodramma, che si sviluppa pazientemente attraverso una successione di sequenze altamente efficaci. La macchina da presa fissa coglie le crepe delle anime che hanno difficoltà ad essere rivelate nell’ordine sociale basato sul sacrificio di sé.

Il marito dopo l’umiliante sconfitta bellica vuole riconquistare la sua autorità patriarcale. Il ritorno dell’ordine tradizionale è però impossibile ed il sacrificio della donna non viene compreso fino a giungere ad una scena violentissima, la caduta dalle scale, che colpisce per il suo brutale realismo.

Il risultato è una critica all’istituto patriarcale desolante con un’implicita condanna della violenza domestica. Questa realtà sociale è un tabù nel Giappone del dopoguerra dopo il ritorno di uomini schiacciati dall’ideologia ufficiale. Di questo film colpisce lucidamente lo sguardo lucido alla società giapponese, in particolare a quelli tra i più umili che devono fare molta strada verso la ricostruzione.

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