REGIA: Roberto Rossellini SCENEGGIATURA: Sergio Amidei, Federico Fellini e Roberto Rossellini ATTORI: Carmela Sazio, Robert Van Loon, Dots M. Johnson, Maria Michi, Harriet White, Renzo Avanzo, Bill Tubbs, Dale Edmonds FOTOGRAFIA: Otello Martelli MUSICHE Renzo Rossellini 1946 DURATA: 120 Min
ROBERTO ROSSELLINI: LA VITA E IL REGISTA
Rossellini (1906-1977) è considerato il padre del neorealismo. Inizia da giovane ad occuparsi di cinema. Tra il ’36 e il ’40. Stringe importanti amicizie nell’ambito del cinema fascista, intrattenendo rapporti anche con il figlio di Mussolini. Realizza documentari e sceneggiature per poi esordire alla regia con La nave bianca (1941) a cui fanno seguito altre pellicole di stampo propagandistico. La consapevolezza di un mutamento in atto, il contatto diretto con l’insicurezza, la paura, la fame e le persecuzioni nella Roma occupata dai nazisti, lo porteranno al diverso impegno di Roma città aperta (1945). All’estero il film viene accolto trionfalmente, contribuendo a modificare l’immagine che il nostro popolo aveva dopo il conflitto mondiale. A seguire ci sono altre due pellicole fondamentali come Paisà e Germania anno zero (1948).
Gira poi molti altri film significativi, ma diventa famoso anche per le sue numerose vicende sentimentali. La tormentata storia con Anna Magnani si conclude in modo burrascoso e burrascosa sarà la successiva relazione con Ingrid Bergman. Dopo numerose regie con risultati altalenanti – citiamo Il generale della Rovere, Europa 51, Viaggio in Italia, Viva l’Italia – decide di sperimentare il linguaggio televisivo dirigendo alcuni lavori con un dichiarato scopo didattico, educativo e storico. Tra i più famosi Cartesio, La presa di potere di Luigi XIV, Atti degli apostoli, Agostino da Ippona, Socrate.
Uomo brillante, dai molteplici interessi, amava preparare i suoi film con interminabili discussioni in cui veniva affrontato ogni aspetto filosofico, filologico e storico delle vicende narrate. Per questo coinvolgeva numerose persone nella prima fase di studio, utilizzando poi le riflessioni emerse all’interno della sceneggiatura.
IL FILM
Il film viene presentato nel settembre del 1946. Il Corriere della sera scrive “Paisà è un album di ricordi nel quale ci troviamo tutti, fra alcuni anni potrà apparire come uno dei documenti più intelligenti e precisi, rispetto a quei tempi pieni di slancio e speranze.” Il film è prodotto da Rod Geiger, americano, che aveva venduto già Roma città aperta negli Stati Uniti comprendendo fin da subito le potenzialità della pellicola.
La sceneggiatura è firmata da Amidei, Fellini e Rossellini, gli stessi di Roma città aperta. Bisogna però ricordare le modalità con cui venivano creati i film di Rossellini. Prima di girare Rossellini, intellettualmente curioso e vorace dal punto di vista culturale, consultava decine di persone nel tentativo di esaminare le tematiche trattate da ogni punto di vista. Oltre agli sceneggiatori ufficiali, infatti, in Paisà si deve ricordare la collaborazione di Klaus Mann e Alfred Hayes.
Con Roma città aperta, il regista romano si era trovato addosso il titolo di fondatore del Neorealismo, condiviso con il Visconti di La terra trema e Ossessione. Fellini, anzi, lo definisce “l’unico vero realista”. È, però, una definizione che sta stretta a Rossellini, L’etichetta di film manifesto del neorealismo implica una uniformità stilistica ben lontana dal trovare riscontro nelle sue opere, si tratta di una schematizzazione che non contiene tutta la straripante personalità del regista.
Direttore della fotografia è Otello Martelli, Fellini è anche aiuto regista. Si sa, infatti, che in questo film Fellini ha girato alcune scene, iniziando il passaggio alla regia che completerà nel 1950. Tra gli altri collaboratori va citato Massimo Mida Puccini, poi regista.
Molta importanza viene data alla scelta degli attori. Moltissimi sono gli attori non professionisti, solo in alcuni casi ridoppiati da attori veri in fase di montaggio. Gli attori americani sono stati condotti in Italia dal produttore, ma è evidente che attori non sono. I tedeschi del primo episodio sono prigionieri “prestati” dall’esercito americano. L’esempio più chiaro dei criteri di scelta si può ravvisare nel personaggio di Carmela. La ragazza è goffa, recita con poca naturalezza, ma prorompe in una sensualità prepotente che la rende centrale nelle scene in cui appare.
Le riprese sono state poi effettuate in molte località italiane, non sempre quelle indicate nella trama. La lavorazione è stata, come affermato da Fellini, “un’avventura meravigliosa da vivere e simultaneamente da raccontare.” Ogni episodio è introdotto da un brano di repertorio commentato dalla voce di uno speaker radiofonico, utilizzato per orientare il regime narrativo del film in direzione di un effetto di cronaca.
Dei sei episodi tre rappresentano la guerra in atto, tre le sue conseguenze. Nei primi tre episodi, la dialettica tra gli americani liberatori e gli italiani liberati si svolge all’insegna della diffidenza e della incomprensione. A partire dal quarto l’incomunicabilità viene superata fino al finale in cui americani e italiani cadono insieme, vittime della violenza nazista.
NOTE CINEMATOGRAFICHE
Il primo episodio si svolge in Sicilia nel luglio del 1943, pochi giorni dopo lo sbarco. Nel popolo che accoglie gli americani si nota la sorpresa per la loro presenza. Non si capacita di ciò un uomo, evidentemente fascista, che ripete ad alta voce le parole della propaganda mussoliniana che prometteva di ricacciare in mare rapidamente gli americani. Il sentimento prevalente è, tuttavia, di stupore, di diffidenza. Anche gli americani non sanno come approcciarsi; in fondo, come proferiva Churchill, erano gli italiani che avevano creato Mussolini. Si spiega così il finale amaro dell’episodio. Il comportamento dei tedeschi, veri soldati prigionieri nei campi americani, è da padroni, pensano infatti di stuprare la ragazza. Carmela matura un sentimento di ingiustizia, di ribellione come gli italiani nell’ultima fase del conflitto quando decisero di lottare per la libertà. La ragazza diventa il simbolo del nostro popolo.
Il secondo episodio è ambientato a Napoli. I protagonisti sono i bambini, poveri e disperati. Non hanno famiglia, non hanno nulla. Questo racconto cinematografico viene ripetuto diverse volte nel corso del dopoguerra perché terribile era la condizione di molti orfani. Bisogna necessariamente citare Sciuscià di De Sica, ma anche Vietato rubare di Comencini. Il militare nero si ubriaca e viene derubato. Quando è ebbro affiora la sua condizione di discriminato, di povero nella sua patria. Il viaggio della strana coppia avviene in una Napoli brulicante di umanità, ma anche tra le macerie, nella degradazione come è stato ben raccontato da Curzio Malaparte nel romanzo La pelle. il bambino vive in una specie di girone infernale, senza i genitori morti nei bombardamenti. Quando il soldato vede e capisce, scatta la comprensione, il riconoscimento della propria condizione di emarginato negli Stati Uniti. Il sentimento passa dalla diffidenza iniziale siciliana al riconoscimento del dolore, ad una forma di pietà. Citiamo cosa scrive la rivista LIFE dopo aver visionato Roma città aperta, dell’anno prima: “Questo film dovrebbe essere dedicato a quelli che preparano la pace per ricordare loro che comunque siano stabilite le frontiere [….] l’umanità partecipa delle stesse speranze, delle stesse fedi, degli stessi vizi, delle stesse virtù e di uno stesso invisibile destino“
Il terzo episodio è l’unico mostrato in flashback. L’aspetto molto importante riguarda la figura della prostituta. Ancora una volta siamo di fronte ad un personaggio paradigmatico: l’Italia si era illusa, proprio come lei, che la fine della guerra avrebbe risolto i propri problemi, cancellato tanti anni di dittatura. La disillusione porta alla perdita della propria dignità. Peraltro, la figura della brava ragazza costretta dalla fame a diventare una peripatetica è un altro archetipo del cinema del secondo dopoguerra. Molti film rilevano questo tristissimo fenomeno, utilizzandolo come esempio della decadenza della società. Tuttavia, in queste pellicole vi è sempre la condanna esplicita dell’emarginazione che queste donne devono soffrire, vi è sempre la condanna di una nazione incapace di aiutare chi soffre.
Nel quarto episodio c’è la liberazione di Firenze. Siamo nell’agosto ’44. Firenze viene mostrata nella desolazione della guerra con le case in macerie e gli Uffizi vuoti. Il partigiano Lupo è ispirato ad un vero capo della resistenza, forse colui che veniva chiamato Potente. Da segnalare che gli italiani combattono da soli, liberando casa per casa il capoluogo toscano. Gli inglesi osservano distaccati i principali monumenti di Firenze al binocolo, mentre i partigiani si scontrano con i tedeschi ed i cecchini fascisti. In Sicilia gli americani diffidano di noi, a Napoli e Roma hanno pietà del nostro popolo, ci compatiscono. In questo frangente ci esaminano a distanza, come se ci fossero incrinature nella opinione che si erano fatto degli italiani. È il simbolo della mancata coesione tra il nostro popolo e gli alleati che arriverà dopo, nel sesto episodio.
Il quinto spezzone è il più riflessivo, il più metaforico e parte dal ricordo dell’abbazia di Montecassino, distrutta dai bombardamenti alleati. Il convento sull’appennino Tosco emiliano, vicino alla Linea Gotica è un’oasi di pace, dove le diverse fedi si possono incontrare.
La conclusione ci riporta nella guerra e più precisamente nell’inverno ’44, durante la spietata repressione condotta dai nazisti contro i partigiani. I tedeschi possono, infatti, contare sull’attenuazione degli attacchi alleati. Possono così concentrarsi per combattere coloro che chiamano impropriamente “terroristi”. Non c’è pietà per gli italiani catturati e nemmeno per chi aiutava i partigiani. La famiglia mostrata nel film viene massacrata barbaramente. La brigata che lotta inutilmente sul Po è composta da italiani a cui si sono aggregati soldati inglesi ed americani. Nonostante la certezza di essere uccisi, tutti combattono con coraggio. L’Italia si riscatta dando la vita per la libertà.
NOTE STORICHE
Fu tra la fine del ’42 e gli inizi del ’43 che i tedeschi si trasformarono da alleati in nemici. Nel primo anno di guerra si era guardato alla Germania con ammirazione. Nei primi mesi del ’43 i racconti dei sopravvissuti all’inferno della Russia cominciano ad incrinare questo quadro. Cresceva inoltre la consapevolezza che senza i tedeschi il conflitto sarebbe terminato molto prima, con un enorme risparmio di vite. Per gli angloamericani si ebbe un processo inverso a quello avuto con i tedeschi: da nemici diventarono alleati. All’inizio del conflitto gli inglesi erano odiati per il loro benessere, la loro boria; gli americani, invece, erano ritenuti incapaci di combattere una vera guerra. La situazione poi cambiò. Si odiavano gli americani per le bombe ma ci si augurava che portassero prima possibile la pace.
Dopo lo sbarco e l’occupazione, gli italiani mutarono convinzioni. L’aspetto degli eserciti alleati che più impressionava fu quello dell’abbondanza di armi e, soprattutto, di cibo che così tanto scarseggiava nelle tavole. Fu un’immagine vera solo in parte, legata alla disponibilità dell’esercito.Per i civili, invece, i primi mesi di occupazione americana furono durissimi. Da ottobre a dicembre del 1944 la razione di pane che ricevettero i napoletani fu di 100 grammi al giorno (50 nelle province) aumentati a 200 solo nel febbraio ’45. Nel dicembre del 1943 il mercato nero a Napoli forniva l’80% dei generi alimentari che servivano alla popolazione con prezzi per il pane e per la pasta di 30 volte superiore al prezzo dei beni razionati.
Le forze alleate sbarcano in Sicilia il 10 luglio del ’43. Qualche giorno prima Mussolini aveva pronunciato questo discorso: “Bisogna che non appena il nemico tenterà di sbarcare, sia congelato su quella linea che i marinai chiamano del bagnasciuga (..) Se per avventura dovessero penetrare, bisogna che le forze di riserva, che ci sono, si precipitino sugli sbarcati, annientandoli fino all’ultimo uomo. Di modo che si possa dire che essi hanno occupato un lembo della nostra patria, ma l’hanno occupato in una posizione orizzontale.” Il 22 luglio Palermo cadeva, il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciava Mussolini, subito imprigionato dal Re.
Il 9 settembre c’è poi lo sbarco a Salerno con la liberazione di Napoli giunta il primo di ottobre. L’invasione in Campania costa, a differenza delle precedenti, molte vite umane agli americani. All’arrivo a Napoli gli alleati trovano la città in condizioni spaventose. I tedeschi hanno sabotato il porto, incendiato i quartieri bassi, fatto saltare le condotte dell’acqua e l’elettricità, distrutto persino i pastifici. Gli americani e gli inglesi devono accollarsi un milione di civili in preda alla fame e alle epidemie.
A Napoli le autorità rinunciarono ad ogni intervento lasciando diffondere l’illegalità. Malaparte in Kaputt chiamava “strane popolazioni cenciose” la folla disperata che si aggirava per la città nel tentativo di trovare cibo per sé e le proprie famiglie. L’impatto disgregante delle truppe di occupazione fu molto minore a Firenze di quanto era accaduto a Roma, dove già aveva avuto effetti meno gravi che a Napoli. Molto dipese dal fatto che era variato l’atteggiamento delle forze di occupazione, oltre che da un tessuto sociale che si era parzialmente ricostituito intorno alla resistenza, alla ricomposizione di una struttura politica.
La situazione, dal punto di vista alimentare, cominciò a migliorare a partire dal luglio ’45 quando la razione di pane del Sud fu portata a 300 grammi contro le 200 delle zone a nord di Roma. La situazione rimase così fino all’aprile del 1945. La carenza di cibo era la maggior preoccupazione da nord a sud. Le classi agiate, però, non mancavano di niente grazie alla loro disponibilità economica sul mercato nero. Il senso di ingiustizia era fortissimo. Si diffuse così la convinzione che occorreva essere furbi e disonesti, una convinzione già esistente che fu rafforzata dalla guerra.
Dopo la vittoria di Salerno e la conquista di Napoli, la presa di Roma era stata prevista per l’ottobre ’44. L’illusione cade subito. La dolcezza del clima italiano è un mito. Il paese è in realtà una montagna ininterrotta, povera di strade, sulla quale un autunno precoce rovescia torrenti di pioggia, e che un rigido inverno seppellisce sotto la neve. L’armata americana è troppo pesante, il nemico non batte in ritirata, ma si assesta sulla Linea Gustav, una serie di fortificazioni dall’Adriatico al Tirreno seguendo i rilievi montuosi e le foci dei fiumi Garigliano e Sangro.
Dopo quattro mesi di impenetrabilità, la linea Gustav cade per una puntata offensiva che rivela una breccia del sistema difensivo tedesco. Kesserling, comandante in capo dell’esercito nazista in Italia, ordina la ritirata, avendo però logorato le sue riserve. Firenze viene liberata il 19 agosto 1944. Citiamo un brano che riassume ottimamente cosa è avvenuto nella città: “Durante questi giorni infelici ma emozionanti a Firenze, sono emerse diverse figure i cui nomi potrebbero essere ricordati oppure no ma che dettero contributi eroici. C’è il comandante partigiano che, per proteggere la sua famiglia, nel territorio occupato dai tedeschi a nord di Firenze, era chiamato semplicemente Il Potente. Dopo che fu ucciso dal fuoco di un mortaio tedesco, la sua cassa da morto fu coperta con una bandiera italiana su cui sopra l’emblema della casa dei Savoia era stato cucito un ritratto di Garibaldi. C’è anche il luogotenente Tinto, che combatté sotto di lui e fu gravemente ferito nella medesima azione. E c’è il resto della Divisione partigiana Arno, tremila uomini coraggiosi che hanno dato prova sufficiente che gli italiani possono combattere quando vogliono. Sebbene essi abbiano perso quasi metà del loro numero in morti e feriti, sono riusciti alla fine a spingere i tedeschi e i fascisti fuori dalla città (i soldati alleati non hanno sofferto una singola perdita in combattimento) e poi il 19 agosto hanno consegnato la città agli alleati in una cerimonia formale.”
La resistenza fu un fenomeno molto complesso. L’appoggio popolare nacque dal rifiuto della guerra e delle sue conseguenze. I primi partigiani furono i richiamati all’esercito della Repubblica Sociale Italiana che non volevano combattere per quel governo. Inoltre vi erano anche ufficiali dell’esercito monarchico rimasti fedeli al Re, scappato nel regno del Sud e ora alleato degli americani. I partigiani furono circa 100 mila nella primavera estate del 1944 e nei momenti di maggior sviluppo salirono a 200.000. Non tutti presero le armi, moltissimi si limitarono a fiancheggiare il movimento, a supportarlo esternamente. La Resistenza conobbe momenti difficilissimi in cui sembrò ai partigiani di condurre una lotta disperata. Questo fu particolarmente vero durante l’ultimo inverno di guerra.
Nel terzo episodio, in un breve spezzone, c’è Fellini giovanissimo tra i figuranti. Si tratta della sua prima apparizione davanti alla macchina da presa. L’ho scoperto mesi fa. Non c’è alcun dubbio che sia lui. Paisà rappresenta anche il battesimo di Fellini cineasta, perché gira una breve sequenza nell’episodio di Firenze e nello stesso episodio la Masina fa la sua prima comparsa, ma questa è cosa nota.