10 registi asiatici che hanno vinto l’Oscar

Akira Kurosawa (1910-1998) Il padre discendeva da samurai e insegnava arti marziali all’Accademia Imperiale. Heigo, il fratello maggiore, è una persona straordinariamente colta e anticonformista che si guadagna da vivere facendo il ‘benshi’, il commentatore di film muti; è lui che introduce Akira al cinema. A 18 anni, termina le scuole superiori e va vivere con il fratello. Nel 1933, arrivano in Giappone i primi film sonori, che in poco tempo lasciano i ‘benshi’ senza lavoro. Heigo diventa uno dei leader della rivolta dei ‘benshi’, ma la lotta fallisce e il fratello di Akira si toglie la vita. Un altro fratello muore poco tempo dopo, e Akira è costretto a cercare con urgenza un lavoro per non pesare sulla famiglia. A partire dal 1936, Akira Kurosawa lavora come assistente di Yamamoto, di Mikio Naruse, e di diversi altri registi. Nel 1941 dirige alcune scene del film Il cavallo (Uma). Due anni dopo, Kurosawa dirige il suo primo film, Sugata Sanshiro (1943). Nel dopoguerra, gira film come L’angelo ubriaco (1948), con Takashi Shimura e Toshiro Mifune, e Cane randagio (1949). Nel 1951, Rashomon (1950) vince il Leone d’oro a Venezia. Dopo Vivere (1952), Akira Kurosawa realizza un altro dei suoi capolavori: I sette samurai (1954). Poi, dirige Il trono di sangue (1957), e molti anni dopo realizzerà Ran (1985), ispirato al Re Lear di Shakespeare, Sogni (1990), Rapsodia in agosto (1991), e Madadayo ‘ Il compleanno (1993).  Ha vinto l’Oscar per Rashomon (1952), Dersu Uzala (1976). Nel  1990 ha ricevuto l’Oscar alla carriera.

Teinosuke Kinugasa (1896-1982) Inizia la propria carriera cinematografica nel 1917 dove si afferma come uno dei più importanti onnagata (attori maschi che interpretano ruoli femminili) dell’epoca. Nel 1922 esordisce come regista ma la maggior parte dei suoi film muti sono andati perduti. I due conservati sono particolarmente significativi. Jūjirō (“Incroci”) (1928), melodramma influenzato dal kammerspiel tedesco, è il primo film giapponese presentato in Occidente, portato direttamente dall’autore a Mosca, dove incontra Ėjzenštejn e Pudovkin, a Berlino e Parigi. In seguito, visto il mancato successo delle sue produzioni più sperimentali, ripiega su un cinema più convenzionale, dedicandosi ai classici del repertorio nazionale. È sua la prima versione sonora, del 1932, di Chûshingura, celebre opera kabuki adattata decine di volte al cinema. Dopo essere stato protagonista della prima «età dell’oro» del cinema giapponese, lascia il segno anche negli anni cinquanta, con La porta dell’inferno (Jigokumon) (1953), film vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes 1954 e del premio Oscar onorario come miglior film straniero.

 

Hiroshi Inagaki (1905-1980) Figlio di un attore, ha ripercorso la stessa strada fin dall’infanzia per poi passare alla regia con Tenka taiheiki (1928). Ha partecipato al gruppo Naritaki formato da giovani registi come Sadao Yamanaka e Fuji Yahiro che hanno collaborato alla sceneggiatura sotto il nome di “Kinpachi Kajiwara”. Come altri del gruppo, Inagaki era noto per i suoi film sui samurai allegri e intelligenti. Si trasferì a Toho, dove realizzò film spettacolari con grandi budget. Ha prodotto molti film e scritto sceneggiature per dozzine di altri. Il suo film Muhōmatsu no isshō (“The Rickshaw Man”, 1943) è stato selezionato come l’ottavo miglior film giapponese di tutti i tempi in un sondaggio del 1989 di critici e cineasti giapponesi. Il remake a colori, L’uomo del Risciò (1958), vinse il Leone d’Oro al Festival del cinema di Venezia di quell’anno. Musashi Miyamoto (1954) ha vinto l’Oscar onorario per il miglior film in lingua straniera.

Ang Lee (1954) Si è trasferito giovanissimo negli Stati Uniti dove si è laureato in cinema alla New York University. Ha ottenuto i primi riconoscimenti internazionali con Il banchetto di nozze (1993) in cui ha mescolato la struttura della commedia hollywoodiana con i modelli della farsa orientale. Dopo il film intimista Mangiare, bere, uomo, donna (1994), ha diretto opere di vario genere come Ragione e sentimento (1995, dal romanzo di J. Austen), Tempesta di ghiaccio (1997), Cavalcando con il diavolo (1999) e La tigre e il dragone, (2000), con il quale si è aggiudicato l‘Oscar come miglior film straniero, penetrando nell’universo dei suoi personaggi e, al tempo stesso, dimostrando un grande talento nel realizzare sequenze spettacolari. Nel 2001 ha diretto Chosen; nel 2003 Hulk. Con Brokeback Mountain (I segreti di Brokeback Mountain, 2005), incentrato sul rapporto di amicizia e omosessualità che si instaura tra due giovani cowboy, ha ottenuto una serie di rilevanti riconoscimenti, tra cui il Leone d’oro per il miglior film alla 62a Mostra internazionale del cinema di Venezia (2005) e l’Oscar per la miglior regia nel 2006. Nel 2007 si è aggiudicato nuovamente il Leone d’oro a Venezia con il film Lussuria – Seduzione, tradimento (2007), storia di spionaggio e passione  ambientata nella Shanghai della Seconda guerra mondiale, mentre alla 62° edizione del Festival di Cannes ha presentato la pellicola Taking Woodstock (2009). Nel 2012 ha diretto la pellicola Vita di Pi, con la quale l’anno successivo si è aggiudicato il premio Oscar per la miglior regia, oltre che quelli per la fotografia, gli effetti speciali e la colonna sonora. Nel 2016 ha diretto il film Billy Lynn: Un giorno da eroe (2017).

Yojiro Takita (1955) Entra nell’industria del cinema tramite la casa di produzione Mukai Production e ottiene una discreta popolarità grazie alla lunga serie di film soft porno Molester’s Train, che aveva cominciato nel 1982 a Shintōhō. In seguito, dirige altri film simili per gli studios Nikkatsu. Molester’s School Infirmary (1984), Molester’s Tour Bus (1985) e Molester’s Delivery Service (1986) sono solo alcuni dei suoi titoli. Nel 1986 dirige la commedia rivolta ad un pubblico più ampio No More Comic Magazines! che viene presentata al Festival di Cannes 1986 ed ottiene elogi da parte della critica,  permettendo al regista di dirigere film destinati al grande pubblico. Il suo film del 2008 Departures ha vinto l’Oscar al miglior film straniero.

Asghar Farhadi (1972) Si è laureato in regia nel 1998 all’Università di Teheran. Dopo aver diretto alcune serie televisive, ha esordito da regista nel 2003 con Dancing in the Dust, nel 2004 ha diretto The Beautiful City e nel 2006 Chaharshanbe Suri. Con About Elly ha vinto l’Orso d’argento per il miglior regista al Festival internazionale del cinema di Berlino del 2009, l’Audience Award, il premio al miglior regista al Fajr International Film Festival 2009 e il Tribeca Film Festival 2009 come miglior film narrativo. Nel 2011 dirige Una separazione, il suo film di maggior successo e che vince l’Oscar al miglior film straniero nel 2012. Riceve inoltre numerosi altri riconoscimenti. Il 15 gennaio 2012 vince il Golden Globe per il miglior film straniero. Al Festival internazionale del cinema di Berlino 2011 vince l’Orso d’oro come miglior film. Vince inoltre il David di Donatello per il miglior film straniero nel 2012, il British Independent Film Awards 2011 come miglior film straniero; il Premio César per il miglior film straniero. Essendo cittadino iraniano, a causa dell’ordine esecutivo emanato il 27 gennaio 2017 dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Farhadi non avrebbe potuto recarsi alla cerimonia degli Oscar 2017 per il suo film Il cliente che ha vinto il premio come Miglior film straniero.

Bong Joon-Ho (1969) Appassionato di cinema sin dall’adolescenza, durante gli anni universitari diviene membro di un Cine Club, in cui ha modo di vedere pellicole di grandi registi quali Shōhei Imamura e Hou Hsiao-hsien. Nel 2003 si pone all’attenzione della critica, sia coreana che internazionale, con il film Memories of Murder, un giallo basato su una storia realmente accaduta. Il film ottiene un gran successo di pubblico e vince premi in diversi festival di tutto il mondo, quali il Festival del film poliziesco di Cognac, il Festival internazionale del cinema di San Sebastián e il Torino Film Festival. Nel 2006 gira il monster movie campione di incassi The Host, che viene presentato al Festival di Cannes 2006. Nel 2011 viene scelto come presidente di giuria al Festival di Cannes, nella sezione Caméra d’or. Nel 2013 dirige il film Snowpiercer, che rappresenta il debutto cinematografico in lingua inglese per il regista sudcoreano. Nel 2017 è la volta di Okja, distribuito da Netflix, mentre nel 2019 si aggiudica la Palma d’oro a Cannes con il film Parasite, per il quale riceve anche quattro statuette ai premi Oscar 2020, come miglior film, miglior film internazionale, miglior regia e miglior sceneggiatura originale.

Jackie Chan (1954) A soli otto anni debutta nel cinema e da quel momento partecipa a diversi film. Grazie alle sue qualità atletiche diventa ben presto uno degli stunt-man più richiesti e viene scritturato dalla casa di produzione Golden Harvest. Ancora adolescente, con il nome di Chen Lung, riesce a conquistare ruoli sempre piÙ importanti e nel 1973, alla morte di Bruce Lee, si candida come uno dei probabili eredi del popolare attore. Preso il nome di Sing Lung inizia a collaborare con il regista Lo Wei e interpreta una serie di film che dovrebbero emulare il successo di quelli interpretati da Lee e che invece si rivelano dei fiaschi. Decide allora di cambiare il suo modo di recitare creando un suo stile personale che unisce le classiche arti marziali con gli elementi base del genere comico. In breve tempo diventa uno degli attori più famosi e pagati in Asia e comincia a scrivere e dirigere i film che interpreta, fonda la sua casa di produzione Golden Way. A metà degli anni ’90 riesce a conquistare Hollywood grazie al film “Terremoto nel Bronx” (1995) di Stanley Tong e successivamente, grazie al successo di “Rush Hour – Due mine vaganti” (1998) di Brett Ratner , accanto a Chris Tucker. Con il film “Pallottole cinesi” e (2000) di Tom Dey, accanto a Owen Wilson e Lucy Liu, riesce a imporsi all’attenzione del pubblico e della critica internazionale. Nel 2004 È stato protagonista della pellicola “Il giro del Mondo in 80 giorni” di Frank Coraci, e del film “A New Police Story”. Ha lavorato in “Rush Hour – Missione Parigi” (2007) e nel remake “The Karate Kid” (2010) nei panni del Maestro Miyagi. Il 26 febbraio 2017 riceve il premio Oscar alla carriera.

Hayao Miyazaki (1941) Maestro dell’animazione, dopo aver esordito nel 1963 presso lo studio Toei Douga ha realizzato (1971) la serie televisiva incentrata sul ladro Lupin (da cui la riduzione cinematografica Rupan sansei: Kariosutoro no shiro, Lupin III: Il castello di Cagliostro, 1979). Hanno fatto seguito: la serie animata Mirai shōnen Konan (Conan, ragazzo del futuro, 1978); il fortunato Kaze no tani no Naushika (Nausicaa della valle del vento, 1984); Tenkū no shiro Rapyuta (Rapyuta: Il castello nel cielo, 1986). Nel 1985 ha creato, con Isao Takahata, lo Studio Ghibli. L’evoluzione del suo linguaggio cinematografico lo ha portato a realizzare favole dalle atmosfere oniriche quali Tonarino Totoro (Il mio vicino Totoro, 1988) o Majo no tak kyūbin (Consegne a domicilio, 1989). Nel 1992 ha realizzato Kurenai no buta (Porco rosso). Ha realizzato ancora: Mononoke hime (Principessa Mononoke, 1997); Sen to Chihiro no kamikakushi (La città incantata, 2001), che gli è valso l’Orso d’oro al Festival di Berlino; Hauru no ugoku shiro (Il castello errante di Howl, 2004). Nel 2005 gli è stato assegnato, alla Mostra di Venezia, il Leone d’oro alla carriera. Tra i suoi lavori successivi vanno citati i film di animazione Gake no ue no Ponyo (Ponyo sulla scogliera, 2008) e Kaze tachinu (Si alza il vento, 2013), in concorso alla 70a edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Oscar alla carriera nel 2015.

Satiyat Rayi (1921-1992) Il nonno, Upendra Kishor Rāy Chaudhrī, è editore, musicista, pittore e illustre scrittore. Anche il padre, Sukumār Rāy, scrive: è un noto autore di limericks. Dopo la laurea, frequenta per oltre due anni (1940-42) il Kalā Bhavan (o Istituto d’arte) di Shantiniketan. È il periodo più fecondo per la formazione culturale e artistica del cineasta, il quale tuttavia non conclude il corso di studi e nel 1943 inizia a lavorare presso un’agenzia pubblicitaria inglese. Appassionato di cinema, nel 1947, fonda la prima Film Society di Calcutta e comincia a pensare di intraprendere lui stesso quella professione. Nel 1949 ha occasione di incontrare Jean Renoir, in India per girare Il fiume (1951). Un’ulteriore spinta gli viene nel 1950, durante un soggiorno a Londra, dove ha modo di vedere Ladri di biciclette, rimanendone profondamente impressionato. Nel 1955 viene alla luce Pather pānchālī (Il canto del sentiero). Nello stesso anno, il film viene presentato prima a New York, dove è accolto con grande interesse, e due mesi dopo a Calcutta. Ma è nel 1956, a Cannes, che il film ottiene un premio come miglior documento umano, imponendosi definitivamente all’attenzione internazionale. Con Aparājito (L’invitto, 1956), il secondo film – e secondo episodio della cosiddetta ‘trilogia di Apu’ – Satyajit Rāy vince il Leone d’oro alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1957. Da allora, salutato come il Maestro del cinema indiano, continua a collezionare plausi e riconoscimenti, fino alla Legion d’onore nel 1992 e nello stesso anno, poco prima della morte, l’Oscar alla carriera. I suoi film sono quasi sempre adattamenti di opere letterarie, bengalesi in massima parte; altri sono tratti dalle novelle di Upendra Kishor Rāy Chaudhrī o di Satyaji Rāy stesso; due film – Shatranj ke khilārī (I giocatorie di scacchi, 1977) e Sadgati (Liberazione, 1981) sono, invece, basati su due omonime novelle hindi di Premchand; infine, Ganshatru (Un nemico del popolo, 1989) si ispira all’omonimo dramma di Ibsen. Tutte le sceneggiature, comunque, sono opera del regista. Oltre che nella regia, nella sceneggiatura (anche per film altrui e testi per documentari) e nella letteratura (oltre alle novelle, ha scritto anche un’autobiografia e diversi testi critici)

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