Quo vado. Record d’incassi per cosa?

Il nostro parere

Quo vado (2015) ITA di Gennaro Nunziante

Checco Zalone è un fenomeno incredibile del cinema italiano. Il pubblico ha sempre seguito mode che prescindevano dal valore intrinseco del film che andava a vedere. E’ stato così per Troisi, Verdone, Nuti, Benigni, Pieraccioni, Aldo Giovanni e Giacomo; sarà così anche per lui. Ora, però, gli incassi parlano chiaro: si tratta di cifre mostruose per il nostro botteghino, numeri  che salvano una stagione intera, cifre cui non siamo abituati, tipiche di kolossal americani, superiori addirittura all’epoca di Titanic.

Cosa giustifica questo successo? La qualità del film? Non direi, visto il mediocre sviluppo e alcuni aspetti già abbondantemente raccontati nelle precedenti opere. La recitazione? No, Zalone è Zalone, non gli si chiede di recitare ma di maramaldeggiare, sbeffeggiare, irridere da vero mattatore.

Più probabilmente funziona il senso di libertà di sentir dire cose al di fuori del buonismo di facciata che imperversa nel nostro paese, nel sentirsi assolto dei difetti narrati da Zalone senza un giudizio morale intrinseco, dal poter ridere grossolanamente delle paure che ci rendono ansiosi.

Zalone funzione da calmante e assolutore, riuscendo contemporaneamente a mettere alla gogna i difetti del nostro popolo. Stavolta abbatte il mito del posto fisso, attaccando la provinciale mentalità dell’italiano medio, del mediocre italiano medio che il suo personaggio rappresenta perfettamente.

Il giudizio è positivo per lo sguardo alieno che esprime, per la capacità di trattare tematiche anche scottanti attraverso un umorismo compostamente triviale. Diventa, invece, negativo quando si nota la sottotraccia che non cambia mai, le due/tre linee su cui il personaggio Zalone si esprime.

Sarà vera gloria? Verrebbe da rispondere che visti gli incassi non ci sono dubbi. Attendiamo, invece, che passi la moda per vedere la sostanza dell’artista, l’adattabilità ai mutamenti del pubblico che presti o tardi arrivano. Per il momento annotiamo una regia sciatta e una sceneggiatura disomogenea: mancante di struttura ma con momenti, gag grandiose (il “cazziatone” alla madre perché si è curata e non ha un male gravissimo è notevole) che inducono alla risata.

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