Lo sconosciuto del terzo piano

Il nostro parere

Lo sconosciuto del terzo piano (1940) USA di Boris Ingster


Il giornalista Michael Ward testimonia di aver visto Joe Briggs sulla scena di un delitto, ma il reporter inizia a dubitare della propria memoria e inizia a indagare con la fidanzata Jane per scoprire il vero colpevole.


I critici del film noir concordano che il genere ha radici nell’era del cinema muto e si è sviluppato pienamente durante gli anni della guerra, con il primo vero film noir americano rappresentato dal thriller di serie B del 1940, “Stranger on the Third Floor”. Questo film precede classici come “Il falcone maltese” e “Quarto potere” (un’influenza sul genere e un parente stretto, se non un vero membro della famiglia noir), e si distingue per la sua atmosfera paranoica nonostante i limiti di budget prima del mondo hard-boiled di investigatori privati sospettosi, donne fatali e una giungla urbana notturna dove gli affari e i tradimenti vengono tessuti con esiti spesso fatali.

La trama segue un giovane condannato ingiustamente per omicidio e culmina in un incubo visivamente ispirato all’espressionismo tedesco degli anni ’20.Il film è noto per la sua sequenza onirica, creata dal regista Boris Ingster e dal direttore della fotografia Nicholas Musuraca, che esprime la colpa e i dubbi del protagonista Mike Ward. Come molti storici hanno scritto, la sequenza stilizzata di ambientazioni sobrie create in gran parte da ombre massicce proiettate su uno schermo vuoto decorato con oggetti di scena esagerati fu la prima espressione americana di questo stile distintamente tedesco.

La storia evidenzia l’ingiustizia del sistema giudiziario e la discesa di Mike nella paranoia, amplificata dalla sua relazione con la fidanzata Jane e l’atmosfera opprimente del quartiere urbano in cui vive. La figura del vicino, Mr. Meng, rappresenta l’ipocrisia e alimenta l’ossessione di Mike, portandolo a confrontarsi con i suoi desideri più oscuri.

Il climax del film vede Jane trasformarsi in detective per scagionare Mike, affrontando l’uomo che incarna i desideri repressi di Mike. Sebbene il film abbia elementi hitchcockiani, la consapevolezza dei cineasti su questi temi non è chiara. La conclusione del film lascia un senso di inquietudine, suggerendo che, nonostante il finale apparentemente felice, l’oscurità e la paranoia non possono essere facilmente scacciate, segnando l’inizio del vero noir.

La limitatezza del budget a disposizione e gli attori complessivamente spenti (a parte Elisha Cook che diventerà una sorta di icona del noir) sono gli elementi deboli di quest’opera che alterna momenti suggestivi ad altri più fiacchi.

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