Invictus – L’invincible

Il nostro parere

Invictus (2009) USA di Clint Eastwood

Dopo la caduta dell’apartheid, Nelson Mandela vince le elezioni e tenta di ridare speranza a un paese in ginocchio aiutato dal capitano della squadra nazionale di rugby, impegnato a giocare il torneo mondiale.

Il film è un omaggio alla figura nobile di Nelson Mandela. Morgan Freeman conosceva Mandela e ne ha colto movenze e sensibilità in modo perfetto. Era inevitabile che un personaggio del genere attirasse l’attenzione del cinema. Ecco che la Coppa del mondo di Rugby diventa un evento catartico per il Sud Africa, il momento di pacificazione di una nazione che doveva lasciarsi alle spalle l’Apartheid e le ingiustizie ad esso connesse. Il film descrive in dettaglio come Mandela sia riuscito a far sì che la Coppa del mondo di rugby del 1995 unisse le popolazioni bianche e nere nel suo paese.

Eastwood riesce a girare un film esemplare ed antiretorico ritraendo Mandela non come una figura santa ma come un operatore intelligente, un uomo con i suoi desideri e difetti. Sfida persino il suo gabinetto e i suoi sostenitori esortandoli a sostenere gli Springboks, la squadra di rugby prevalentemente bianca del paese i cui colori verde e oro hanno agito da derisione per la popolazione nera oppressa per decenni.

Mandela, appena insediato come presidente, crede che il perdono sia la chiave per il progresso del Paese; rifiuta le proposte di cambiare il nome della squadra da Springboks e fa amicizia con il suo capitano Francois Pienaar, incoraggiando la squadra ad allenare giovani ragazzi neri in tutto il paese come esercizio di pubbliche relazioni per aiutare lo sport a sanare le fratture dell’apartheid.

Eastwood utilizza un registro pedagogico dividendo l’opera in due parti. La prima si riferisce all’azione del leader che traccia una via per la pacificazione superando le perplessità del suo entourage, avendo una visione più ampia del futuro della nazione. L’altra è la cronaca della partita, dove viene esaltato lo spirito sportivo, la tensione dell’evento, la forza dell’agonismo.

Lo fa, interpolando alcuni momenti commoventi che si riferiscono ai 27 anni di prigionia di Mandela, nonché il cambiamento che avviene nella popolazione tramite l’evento sportivo. Le emozioni sui volti, le parole e i gesti sono il filo conduttore del film e la tensione che cresce ed esplode nel finale è magistralmente guidata dal regista.

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