Il ricordo di Rossella Falk

di Gianfranco Angelucci

“In genere non sono molto attratto dai grandi attori di teatro. Tranne Rossella Falk, un’attrice che ha la statura, la gestualità e la voce di un’eroina tragica, ma che comunica una tale gioia di stare sulla scena che ti fa venire voglia di saltare sul palco e farle compagnia.” Così si esprimeva Federico Fellini che l’aveva voluta con sé nel cast di Otto e Mezzo, l’avventura forse più fatata del cinema italiano. Rossella, davvero ‘Ultima Diva’come recita nel titolo la biografia edita da Mondadori nel 2006, ha forse incarnato la stagione più magica e prestigiosa del nostro teatro: dai primi incontri con Luchino Visconti, il Conte di Modrone, il torturatore di genio, fino all’epopea della “Compagnia dei Giovani” insieme a Romolo Valli e Giorgio De Lullo, in spettacoli indimenticabili di cui a Roma ancora si favoleggia come di prodigi, di eventi irripetibili, a cominciare dalle messe in scena di Luigi Pirandello.

In questo percorso scintillante si introduce anche Fellini che la convoca per farle interpretare nel film il Grillo Parlante, un’amica leggera e impertinente del protagonista impasticciato con moglie, amante e una ridda di donne, amate, inseguite, vagheggiate, da cui non riesce districarsi. Rossella, indossando un profilo di femminile seduzione, ancella e musa, ricopre il ruolo con uno spirito, una malizia, una spregiudicatezza, una naturalezza, da diventare lei medesima oggetto di desiderio nella confusione del regista; quello rappresentato nel film da Mastroianni o quello reale? E’ il trionfo. La diva di teatro diventa anche una star cinematografica. E come succedeva a quei tempi non tarda ad arrivare la lusinga a Stelle e Strisce. Robert Aldrich la chiama in America per “Quando Muore una stella” (1968). La Falk approda a Hollywood sola, un po’ spaesata, ma ben sistemata in una sontuosa villa sul Sunset Boulevard e in tasca uno di quei contratti catenaccio in cui non le è consentito muovere un solo passo senza il permesso della Major Company. La salva May Britt (conosciuta in Italia durante la breve liaison dell’attrice svedese con Carlo Ponti) la quale prendendo le spoglie della buona fatina la trascina nel castello delle meraviglie. Un elicottero discende addirittura a prelevarla e lei si ritrova a Palm Springs nel bel mezzo di una superfesta americana organizzata nella villa faraoinica di Frank Sinatra, sposato con Mia Farrow. The Voice la accoglie facendo intonare Arrivederci Roma e Besame mucho da chitarristi messicani e discinte vocaliste creole. Tutti sono ansiosi di sapere di Fellini, vogliono che lei ne imiti la ‘vocetta’, che addirittura si travesta, ne assuma il sembiante, cappello nero, camicia bianca, pantaloni flosci, megafono alla bocca; e in sottofondo l’immancabile marcetta di Nino Rota. Con tutti i successi conseguiti sulle scene, l’impronta felliniana non la abbandonerà più. Ma lei sapeva scherzarci con grande allegria. Una volta, raccontava, le capitò di riferire a Visconti un episodio grottesco a cui aveva assistito: una stravagante coreografa ‘cieca come una talpa’, scambiando un gruppo di seminaristi tedeschi in tonaca vermiglia per le sue ballerine di fila, li aveva messi autoritariamente in riga imponendo a tutti di ‘alzare le gonne’ fra strilli e segni di croce. Il conte rideva a più non posso ma poi con un’occhiata inquisitoria aveva gelato l’interlocutrice: “E’troppo bello l’aneddoto. Tanto che lo sfrutterò, prima o poi. Ma ti proibisco di parlarne fuori di questa casa. Sennò me lo ruba il romagnolo per farci su il seguito dei Vitelloni!”

Spiritosa, mondana, impalpabile Rossella, sulla scena come nei salotti, davvero ultima erede di uno stile e di un mondo incantato nel quale le attrici erano le incarnazioni di un sogno.

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