Fahrenheit 451. Remakando

Il nostro parere

Fahrenheit 451 (2018) USA di Rahmin Bahrani

Il remake del famosissimo film di Truffaut (anche se è difficile definirlo tale visto il libro di Bradbury alla base di entrambi) è stato girato per la televisione, più precisamente per la rete via cavo HBO, con ricchezza di mezzi e qualche difficoltà sulle idee. Più che sull’aspetto filosofico, Bahrani si concede alla spettacolarità in qualche momento concentrandosi sul rapporto padre-figlio.

In un futuro non troppo lontano,  il mondo ha chiuso ai libri e ai film con lo scopo di preservare la felicità della popolazione. I pompieri bruciano i libri e Montag è impegnato, insieme ai suoi colleghi e sotto lo sguardo vigile del suo mentore e capitano Beatty, a dare fuoco a tutto ciò che può essere considerato  cultura. Tutti dipendono dai nuovi media che pervadono la loro vita. Gli individui stanno a casa interagendo con enormi schermi sotto la guida (e il controllo) di ‘Yuxie’, una sorta di assistente personale dotata di intelligenza artificiale. Un giorno però Montag, grazie all’incontro con Clarissa che fa parte del gruppo di resistenza che cerca di salvare i libri, inizia a porsi delle domande.

I tormenti del giovane Montag riguardano, però, i ricordi collegati al padre e al rapporto interrotto con lui tanti anni prima in modo violento che ha rimosso dalla sua memoria. La sua ribellione alla società distopica è più una ribellione al padre putativo Beatty che una comprensione della mostruosità del regime. Questo è il lato debole della ricostruzione di Bahrami che perde di vista il significato profondo dell’opera di Bradbury. Ci sono, certamente, i riferimenti alla pervasività dei media, alla massificazione delle menti, ma sono messe sullo sfondo in modo spettacolaristico, superficiale. Nel film appare Keir Dullea, protagonista di 2001 Odissea nello spazio.

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