Abbasso la miseria – Vogliamoci bene

Il nostro parere

Abbasso la miseria (1945) ITA di Gennaro Righelli

Un uomo onesto e umile porta a casa con sé un orfanello che gli ricorda il suo figlio morto. La moglie, che in un primo momento è contraria, impara presto ad amarlo in mezzo ad una serie di equivoci che porteranno il bravuomo addirittura in prigione

Film, girato subito dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, che cerca di unire due sviluppi della trama opposti: da un lato situazioni piuttosto farsesche e dall’altro un accenno (abbastanza vago per la verità) di critica sociale.

L’opera è molto simpatica, nonostante i contenuti deboli, ed interpretata con leggerezza. La Magnani è una leonessa sullo schermo: aggressiva, ironica, debordante con il marito ma capace di momenti di tenerezza intensa, un dolore profondo che sa far affiorare nelle scene madri.

La trama è abbastanza prevedibile e convenzionale soprattutto per il finale positivo che ha un tono di falsità.  Il film, però, è un ritratto, sia pure di rimando, di Roma alla fine della seconda guerra mondiale: le merci scarseggiano, la vita è tornata un po’ normale dopo gli anni bui sotto Mussolini e l’Asse Berlino-Roma fino all’invasione degli Alleati. Le rovine sono ancora ben visibili, così come i segni della guerra sui volti di attori e comparse.

Un paio di note di colore che spiegano l’epoca. Le battute razziste sui soldati neri americani oggi sarebbero tacciate di razzismo ma allora venivano recepite in modo totalmente diverso. Inoltre, vi è un tono di indulgenza verso il commercio nero e sulla corruzione che sono difficili da accettare.

 

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