10 attori morti nel 2022

10. Robert Alan Morse (Newton, 18 maggio 1931 – Los Angeles, 20 aprile 2022) Molto noto per le sue apparizioni teatrali in musical e spettacoli di Broadway. Assai impegnato anche sul piccolo schermo, ha interpretato il personaggio di Bertram Cooper nella serie televisiva Mad Men. Tra i suoi primi ruoli sul grande schermo, quello di Barnaby nel film Bella, affettuosa, illibata cercasi… (1958) di Joseph Anthony, cui fecero seguito altre apparizioni tra cui Il caro estinto (1965) di Tony Richardson. La consacrazione giunse nel 1967 con il ruolo di J. Pierre-Point Finch in Come far carriera senza lavorare di David Swift e di Ed Stander in Una guida per l’uomo sposato di Gene Kelly, nella quale recitò accanto a Walter Matthau. L’anno successivo apparve al fianco di Doris Day e Patrick O’Neal in Che cosa hai fatto quando siamo rimasti al buio? di Hy Averback. Nel 1970 fece coppia con Stefanie Powers nel film Boatniks, i marinai della domenica di Norman Tokar.

9. Gaspard Ulliel (Neuilly-sur-Seine, 25 novembre 1984 – La Tronche, 19 gennaio 2022) Dopo aver studiato cinematografia presso l’Università di Saint-Denis, ha recitato in vari telefilm. Candidato nel 2003 per Embrassez qui vous voudrez e nel 2004 per Anime erranti, nel 2005 vinse il Premio César per la migliore promessa maschile con Una lunga domenica di passioni di Jean-Pierre Jeunet. In seguito indossò i panni del celebre criminologo cannibale Hannibal Lecter nel film Hannibal Lecter – Le origini del male (2007). L’anno successivo affiancò Isabelle Huppert nel film Una diga sul Pacifico (2008). La sua carriera proseguì tra film e serie tv; nel 2014 vestì i panni del celebre stilista nel film Saint Laurent, grazie al quale venne nuovamente candidato ai César come migliore attore protagonista. Nel 2016 vinse il premio César come migliore attore protagonista, grazie alla sua interpretazione in È solo la fine del mondo, diretto da Xavier Dolan. Rimane vittima di un grave incidente con gli sci sulle piste di La Rosière, in Savoia. Trasportato d’urgenza in elicottero, muore in ospedale senza riprendersi.

8. Michel Bouquet (Parigi, 6 novembre 1925 – Parigi, 13 aprile 2022) Interprete di oltre 100 film e attivo in teatro per 60 anni, due volte vincitore del Premio César (tra cui Le passeggiate al campo di Marte) e insignito della Legion d’Onore. Fu allievo del Conservatoire national supérieur d’art dramatique, frequentato anche da Gérard Philipe, e debuttò sul palcoscenico nel 1944. Fece la sua prima apparizione al cinema in Monsieur Vincent (1947) di Maurice Cloche. Interprete prolifico, raffinato, a volte enigmatico e inquietante, alternò sempre teatro e cinema, pur dichiarando di preferire il palcoscenico al grande schermo. La sua silhouette, il suo volto dall’espressione imperturbabile e ascetica e la sua voce profonda conferirono singolarità e profondità ai personaggi da lui interpretati. Per la regia di Truffaut, fu Comolli, il detective privato assassinato in La mia droga si chiama Julie (1969) e fu una delle vittime in La sposa in nero (1968). Per Chabrol interpretò il marito ingannato in Stéphane, una moglie infedele, cui fece seguito il crudele suocero in All’ombra del delitto (1970). Successivamente fu il poliziotto testardo in Due contro la città (1972), il candidato parlamentare in L’uomo in basso a destra nella fotografia (1973) di Nadine Trintignant, il magnate della stampa, ricoverato in ospedale in Le campane di Bicêtre (1976). Nello stesso anno interpretò il miliardario nella commedia Professione… giocattolo di Francis Veber. In questo decennio interpretò due ruoli oscuri per André Cayatte, in Non c’è fumo senza fuoco (1973) e Ragione di stato (1978). Un altro film incentrato su temi politici è L’attentato (1972) di Yves Boisset. Negli anni ottanta fu diretto da Chabrol, in Una morte di troppo (1986), mentre nel 1982 fu l’ispettore Javert in Les Miserables, versione di Robert Hossein con Lino Ventura. Tra le sue ultime interpretazioni di rilievo, il pittore Auguste Renoir in Renoir (2012).

7. Philip Baker Hall (Toledo, 10 settembre 1931 – Glendale, 12 giugno 2022) Caratterista attento, nel corso della carriera ha collezionato ruoli in opere come Sydney, Boogie Nights – L’altra Hollywood e Magnolia tutti e tre di Paul Thomas Anderson, The Truman Show di Peter Weir, Psycho di Gus Van Sant, Insider – Dietro la verità di Michael Mann, Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, Dogville di Lars von Trier, Amityville Horror di Andrew Douglas e In Good Company di Paul Weitz. Nel corso della sua carriera ha interpretato oltre 200 parti tra serie tv e film per la televisione. Al cinema ha interpretato svariati film. Lo si ricorda nel cult di Robert Altman Secret Honor dove aveva il ruolo dell’ex presidente statunitense Richard Nixon e soprattutto per essere stato uno degli attori preferiti di Paul Thomas Anderson, per il quale ha girato diversi film tra cui Magnolia del 1999, dove offrì una delle sue più famose interpretazioni, quella del conduttore televisivo Jimmy Gator. Successivamente ricoprì un altro ruolo importante, quello del capitano Diel nella trilogia di Rush Hour. Tra il 2006 e il 2007 è stato tra i protagonisti della sitcom The Loop e ha fatto un cameo in West Wing – Tutti gli uomini del Presidente. Nel 2012 partecipò in un ruolo minore al film vincitore del premio Oscar, Argo. Muore di enfisema all’età di 90 anni.

6. Jacques Perrin, pseudonimo di Jacques-André Simonet (Parigi, 13 luglio 1941 – Parigi, 21 aprile 2022) I primi ruoli gli vennero assegnati da Valerio Zurlini nei film La ragazza con la valigia (1961) e Cronaca familiare (1962). Nel 1966 vinse due premi come miglior attore al Festival di Venezia per il film italiano Un uomo a metà e per il film spagnolo La busca. Creò uno studio cinematografico e coprodusse il famoso Z – L’orgia del potere (1969), diretto da Costa-Gavras. Il film ottenne un premio Oscar al miglior film straniero nel 1970. La collaborazione con Costa-Gavras proseguì con i film L’Amerikano (1973) e L’affare della Sezione Speciale (1975), pellicole di forte impegno politico, impegno che mantenne anche in seguito con un documentario sulla rivolta algerina, La guerre d’Algérie (1975) e con il film La spirale, sul presidente cileno Salvador Allende. Nel 1973 lavorò come attore e produttore in Home Sweet Home, il film di Benoît Lamy su una rivolta in una casa di riposo. La pellicola vinse 14 premi internazionali. Produsse un altro film da Oscar nel 1976, Bianco e nero a colori, del regista Jean-Jacques Annaud. Nel 1977 intraprese la produzione de Il deserto dei Tartari di Zurlini in cui interpretò anche il ruolo del protagonista. Il film causò a Perrin notevoli difficoltà finanziarie, sebbene vincesse il Grand prix du cinéma français. Nel 1988 interpretò il ruolo di Salvatore da adulto in Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. Notevole e degna di nota fu anche la sua interpretazione ne In nome del popolo sovrano (1990) di Luigi Magni, film storico-risorgimentale di produzione italiana. Ottenne poi grande successo con film sugli animali, come Microcosmos – Il popolo dell’erba (1996) e Il popolo migratore (2001).

5. Ray Liotta (Newark, 18 dicembre 1954 – Santo Domingo, 26 maggio 2022) Lavorò in soap opera, film tv e musical, in ruoli sempre diversi, finché nel 1986 ottenne il ruolo di Ray Sinclair in Qualcosa di travolgente, l’ex marito psicotico e violento di Lulù e che gli fruttò una candidatura al Golden Globe come miglior attore non protagonista. Dopo, Liotta rifiutò interpretazioni simili per accettare ruoli anche minori in commedie e thriller, quali Nick e Gino e L’uomo dei sogni. Nel 1990 Martin Scorsese lo volle per Quei bravi ragazzi nel ruolo del protagonista, un italo-irlandese che cerca di fare strada nella mafia americana; si impose su pubblico e critica come attore carismatico; dopo questa interpretazione, per non diventare un caratterista scelse ancora ruoli diversi: un poliziotto maniaco in Abuso di potere, un vedovo che scrive jingle pubblicitari in Una moglie per papà, un militare ribelle in Fuga da Absolom. Nonostante la sua popolarità sia legata soprattutto ai primi anni novanta, che lo videro emergere come sex symbol, Liotta continuò con registi come Guy Ritchie (Revolver), Ridley Scott (Hannibal) e Ted Demme (Blow). Liotta morì nel sonno a 67 anni a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana, dove si era recato per il film Dangerous Waters.

4. Hardy Krüger, pseudonimo di Eberhard August Franz Ewald (Berlino, 12 aprile 1928 – Palm Springs, 19 gennaio 2022) Dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale nelle fila naziste, venne fatto prigioniero dagli americani. Già all’età di quindici anni, le sue caratteristiche fisiche di bel giovane di aspetto nordico, con i capelli biondi, gli occhi azzurri e il portamento severo e inflessibile, gli avevano consentito l’ingresso nel mondo del cinema con il film Giovane aquila (1944). Ripresa la carriera nel 1949, ottenne successo e popolarità nel dramma Illusione donna (1952) e nel film d’avventura Liana la figlia della foresta (1956). L’anno successivo fu chiamato in Gran Bretagna dalla casa produttrice Rank, che ne fece il protagonista del film bellico Sfida agli inglesi (1957) di Roy Ward Baker, e L’inchiesta dell’ispettore Morgan (1959) di Joseph Losey. Divenne popolare a livello internazionale, grazie alla partecipazione a produzioni di successo, quali Hatari! (1962) di Howard, girato in Tanganica, dove Krüger – da tempo innamorato dell’Africa – mise a disposizione la propria tenuta quale set per il film. Negli anni successivi continuò ad apparire in pellicole di genere bellico e avventuroso, come Il volo della fenice (1965) di Robert Aldrich che gli fece guadagnare una candidatura al Golden Globe. Negli anni settanta continuò la sua attività sui set internazionali, distinguendosi in particolar modo in Barry Lyndon (1975) di Stanley Kubrick, e in kolossal bellici quali Quell’ultimo ponte (1977) e I 4 dell’Oca selvaggia (1978), mentre in Europa si dedicò prevalentemente alla realizzazione di documentari.

3. William Hurt (Washington, 20 marzo 1950 – Portland, 13 marzo 2022) Fattosi conoscere al primo film (Stati di allucinazione, 1980, di Ken Russell), divenne in breve tempo uno degli attori più interessanti degli anni ottanta, capace di porre la propria espressione pensosa al servizio di una notevole duttilità. Particolarmente a suo agio diretto da Lawrence Kasdan (Brivido caldo, 1981; Il grande freddo, 1983; Turista per caso, 1988; Ti amerò… fino ad ammazzarti, 1990), ottenne un Oscar come miglior attore per Il bacio della donna ragno (1985) di Héctor Babenco. Successivamente confermò le notevoli qualità interpretative, in particolare in Gorky Park (1983) di Michael Apted, Dentro la notizia (1987) di James L. Brooks, Fino alla fine del mondo (1991) di Wim Wenders, La peste (1992) di Luis Puenzo, Mister Wonderful (1993) di Anthony Minghella, Un padre in prestito (1994) di Chris Menges. Nel 1995 offrì un’altra valida interpretazione in Smoke di Wayne Wang, film che vinse l’Orso d’argento al Festival di Berlino. Nel 1996 fu protagonista di Jane Eyre di Franco Zeffirelli; nel 1997 interpretò Michael di Nora Ephron e Prove d’accusa di Erin Dignam. Tra le successive interpretazioni sono da menzionare A.I. – Intelligenza artificiale (2001) di Steven Spielberg, The Village (2004) di M. Night Shyamalan, A History of Violence (2005) di David Cronenberg, Mr. Brooks (2007) di Bruce A. Evans, Into the Wild (2007) di Sean Penn, L’incredibile Hulk (2008) di Louis Leterrier, Robin Hood (2010) di Ridley Scott, The Host (2013) di Andrew Niccol, Una stagione da ricordare (2018). Sul set di Figli di un dio minore iniziò una relazione con la sua partner, l’attrice sorda Marlee Matlin, ma i due si lasciarono l’anno seguente. È morto per un cancro alla prostata ormai metastatizzato alle ossa.


2. Sidney Poitier (Miami, 20 febbraio 1927 – Los Angeles, 6 gennaio 2022) Negli anni Sessanta ha rappresentato a Hollywood il simbolo dell’integrazione culturale. Attraverso una recitazione sobria e contenuta, l’indubbio fascino, il portamento signorile e la tendenza alla mediazione, è riuscito ad avviare il processo di accettazione del ‘diverso’, dando vita a personaggi interpretati con dignità, forza e orgoglio, in opere in genere incentrate proprio sul tema del razzismo. Ha ottenuto l’Oscar per la commedia I gigli nel campo (1963) di Ralph Nelson, primo interprete nero a vincere il premio come migliore attore protagonista. Nel 2002 gli è stato conferito l’Oscar alla carriera. Dopo essere entrato a far parte dell’American Negro Theatre, ottiene un piccolo ruolo in una produzione di Broadway. Nel 1950 esordì nel cinema: nel suo primo film, Uomo bianco tu vivrai per la regia di Joseph L. Mankiewicz, già affiorano i temi, determinanti e ricorrenti nella sua filmografia, del razzismo e della violenza. Negli anni successivi, dopo aver partecipato all’interessante The blackboard jungle (1955; Il seme della violenza) di Richard Brooks, ottenne una nomination all’Oscar La parete di fango per (1958) di Stanley Kramer. Nel 1961 fu accanto a Paul Newman in Paris blues (1961) di Martin Ritt, storia di due jazzisti statunitensi nella Parigi degli anni Sessanta. Nel successivo La scuola dell’odio (1962) di Hubert Cornfield, interpreta la parte di uno psichiatra dell’esercito al quale, durante la Seconda guerra mondiale, viene affidato in cura un militare antisemita, razzista e con simpatie naziste, arrestato per sedizione. Fu invece con una commedia che l’attore conquistò l’Oscar: Lilies of the field racconta le vicissitudini di un vagabondo, il quale finisce per aiutare alcune monache tedesche decise a costruire una cappella in Arizona. Due film del 1967, che riscossero entrambi un notevole successo di pubblico, La calda notte dell’ispettore Tibbs per la regia di Norman Jewison e Indovina chi viene a cena? di Kramer, seppur distanti per generi e tematiche, riflettono appieno il rapporto sempre intercorso tra lui, il cinema e il suo pubblico. La fine degli anni Sessanta registrò un cambiamento: nel 1972 esordì come regista con Non predicare… spara!, per poi dirigere il mélo dal titolo Grazie per quel caldo dicembre (1972), da lui anche interpretato, e successivamente commedie come Nessuno ci può fermare (1980) e Hanky-Panky (1982).  Dopo aver recitato nel ruolo di un attivista in lotta contro l’apartheid nel film d’azione Il seme dell’odio (1974) di Nelson, accanto a Michael Caine, ha notevolmente diradato la sua presenza sul grande schermo, partecipando poi nel 1988 a due polizieschi, Nikita ‒ Spie senza volto di Richard Benjamin e Sulle tracce dell’assassino di Roger Spottiswoode, e negli anni Novanta a I signori della truffa (1992) di Phil Alden Robinson, e a The Jack-al (1997) di Michael Caton-Jones, mentre numerose sono state le sue apparizioni sul piccolo schermo.

1.Jean Louis Trintignant (Piolenc, Vaucluse, 11 dicembre 1930 – Uzès 17 giugno 2022). Esordì nel 1956 (S.O.S. Lutezia), mettendosi in luce nello stesso anno con Piace a troppi di Vadim. Attore di vasta fortuna sia in Francia sia in Italia, con una sua riconoscibile cifra stilistica, fatta di essenzialità espressiva e concentrazione silenziosa, ha prevalentemente interpretato personaggi tormentati da conflitti interiori, inibizioni, timidezze e fragilità nascoste; tra le sue numerose interpretazioni si ricordano: Un’estate violenta (1959); Il sorpasso (1962); Un uomo e una donna (1966); Z (1969); La mia notte con Maud (1969); Il conformista (1970); Sans mobile apparent (1971); Il deserto dei Tartari (1976); Eaux profondes (1981); Colpire al cuore (1982); Finalmente domenica! (1983); Le bon plaisir (1984); Merci, la vie (1991); Film rosso (1994); Fiesta (1995); Un homme est tombé dans la rue (1996); C’est jamais loin (1996); Ceux qui m’aiment prendront le train (1998); Janis et John (2003); Immortel (ad vitam) (2004). Come regista ha diretto due film: Une journée bien remplie (1973) e Le maître nageur (1979). Dopo una pausa di alcuni anni è tornato sul set cinematografico con le pellicole Amour (2012) e Happy End (2017), entrambe dirette da M. Aneke e presentate al Festival di Cannes, e I migliori anni della nostra vita (2019) di C. Lelouch. Ha vinto il premio come miglior attore a Cannes (1969) per Z – L’orgia del potere, al Festival di Berlino per L’uomo che mente (1968), il Cesar e l’EFA per Amour

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