Ti mangio il cuore

Il nostro parere

Ti mangio il cuore (2022) ITA di Pippo Mezzapesa


L’amore proibito tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, la bella moglie del boss mafioso di Camporeale, riaccende un’antica faida tra due famiglie rivali nel promontorio del Gargano.


Nel suo secondo lungometraggio il regista Pippo Mezzapesa si ispira alla storia vera di una giovane donna la cui testimonianza fu cruciale per smascherare le attività di un grande clan mafioso. Diversamente da Gomorra di Matteo Garrone, Mezzapesa non punta tanto sul realismo quanto su una narrazione stilizzata, centrata sulla domanda di quanto la violenza e il crimine possano annientare un sentimento forte come l’amore.

Il titolo sottolinea la vicinanza tra le grandi emozioni e la brutalità, che permeano ogni immagine del film e i suoi personaggi. Quasi sembra di assistere a uno spettacolo teatrale, poiché Mezzapesa offre un grande teatro, rafforzato dalle ampie inquadrature e dall’ambientazione. Il paesaggio arido e le rovine industriali, catturati dalla cinepresa di Michele D’Attanasio, fanno da sfondo a una scena di violenza in cui regnano crimine e sofferenza, e dove i necrologi indicano quale delle tre famiglie ha il sopravvento.

Le immagini in bianco e nero e i temi trattati in “Ti mangio il cuore” rivelano un grande dramma, vicino sia ai grandi film gangster che alle opere di William Shakespeare. Questa consapevolezza si riflette nella recitazione degli attori, in particolare Elodie e Francesco Patanè, che con grandi gesti e un certo patos aderiscono allo stile della messa in scena. A volte è affascinante da vedere, soprattutto insieme alle immagini evocative, ma narrativamente non aggiunge molto di nuovo al genere, affidandosi piuttosto a elementi già noti o prevedibili. Il fatto che la sceneggiatura tenti di sviluppare tali aspetti fino all’estremo dettaglio rende l’opera a tratti lenta.

 

 

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