Lezioni di cinema in pillole: Il realismo socialista

Il realismo socialista fu un movimento artistico e culturale nato nell’URSS nel 1934, poi allargatosi a tutti i paesi socialisti. La funzione principale era quella di avvicinare l’espressione artistica alla cultura delle classi proletarie e celebrare il progresso socialista. L’opera d’arte doveva avere forma realista e contenuto socialista, in accordo con la dottrina marxista/leninista. Dopo un primo momento di eccezionale creatività, anche l’arte cinematografica fu inquadrata nel regime fino alla brutale censura imposta dal regime stalinista, tramite le direttive del fidato Zdanov. Si impose, allora, un’arte assoggettata al conformismo dominante, alla celebrazione del dittatore e degli eroi del passato. Nel cinema mantennero una notevole vena poetica solo alcuni autori, come Boris Barnet e Ejzenstein , che nel film Ivan il terribile (1944) e nel seguito La congiura dei boiardi sviluppò novità formali. In particolare usò la profondità di campo, che lui chiamava “montaggio dentro l’inquadratura”, tesa a esaltare al massimo i contrasti dentro la singola inquadratura.

Dopo il consolidamento del potere staliniano e le numerose purghe politiche, il cinema realista russo si rassegnò ad un ruolo prevalentemente di propaganda, rinunciando alla ricerca ed alla innovazione, se non per opera di pochi coraggiosi autori. Per la burocrazia stalinista il cinema era un efficiente apparato pedagogico destinato alla celebrazione di una cultura e alla esaltazione del dittatore.

Ecco i più importanti autori.

Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (1898– 1948) è stato regista ritenuto tra i più influenti della storia del cinema per via dei suoi lavori, rivoluzionari per l’uso innovativo del montaggio e la composizione formale dell’immagine. Ha diretto capolavori quali: La corazzata Potemkin, Alexander Nevskij e Ottobre.

Dziga Vertov (1896-1954) vuole dire “vertice rotante” in ucraino ed è il nome d’arte di David Kaufman. La sua teoria vuole dare spazio alla verità, filmando e montando in maniera che l’espressione e i contenuti di ciò che si vuole dire vengano solo ed esclusivamente da ciò che si riprende con fedeltà. Opere principali I Kinoglaz (1924) L’uomo con la macchina da presa (1928).

Boris Barnet (1902-1965) Dopo aver frequentato la Scuola d’Arte di Mosca, si arruolò all’età di 16 anni nell’Armata Rossa e praticò la boxe a livello professionistico. Nel 1927 gira il suo primo film commedia intitolato “La ragazza con la cappelliera”. Nel 1928 gira il film drammatico La casa sulla piazza Trubnaja. Incoraggiato nei suoi primi lavori da Yakov Protazanov, negli anni trenta Barnet emerse come uno dei maggiori registi sovietici lavorando con artisti del calibro di Serafima Birman e Nikolai Erdman. Nel 1933 gira uno dei suoi capolavori, intitolato Sobborghi, un film pacifista acclamato alla prima mostra del cinema di Venezia. Nel dopoguerra Barnet gira il primo film di spionaggio sovietico L’impresa della spia, ispirandosi al cinema di Alfred Hitchcock, opera che gli valse il Premio Stalin. Barnet morì suicida a Riga nel 1965.

Vsevolod Pudovkin (1893-1953) nsieme a Ejzenštejn, fu allievo del teorico Lev Kulešov e da questi apprese i segreti della tecnica cinematografica. Come il maestro, Pudovkin diede particolare rilievo al montaggio , che considerò sempre come la base dell’arte cinematografica e un fondamentale elemento creativo. Famosa è la sua trilogia che ha per motivo dominante la presa di coscienza. Ha inizio con La madre (1926), da un romanzo di Gor’kij, in cui la figura della vecchia operaia, delineata con la fine psicologia, rivela la graduale evoluzione di un personaggio. La trilogia prosegue poi con La fine di San Pietroburgo (1927)Tempeste sull’Asia (1928). I primi film sonori di Pudovkin, Un caso semplice (1932) e Il disertore (1933), risentono di una stanchezza dovuta probabilmente alla difficile situazione interna sovietica: il cinema doveva rispecchiare la realtà del Paese e finiva per annullare la sincerità dell’ispirazione. Con la sua ultima opera, però, Il ritorno di Vasilij Bortnikov (1952), sembrò ritornare a un’arte spontanea e vera, precorritrice del disgelo.

Alexander Dovzhenko (1894-1956)  Figlio di contadini del territorio oggi facente parte dell’Oblast di Černihiv in Ucraina, dopo essere stato maestro elementare, pittore e scrittore, iniziò a lavorare nel cinema nel 1926 come sceneggiatore e l’anno seguente passò alla regia. Insieme ad Ejzenštejn, Pudovkin e Vertov fu uno dei protagonisti del cinema del suo Paese. Il suo capolavoro è considerato La terra (1930).

 

 

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