La recita per la libertà (Argo di Ben Affleck)

Di Gianfranco Angelucci

La fuga per la vittoria, o per la salvezza, è un soggetto di sicura presa per lo spettatore, che rimane infallibilmente inchiodato alla poltrona. I titoli di successo non si contano, da “Stalag 17” di Billy Wilder, a “Escape to Victory” di John Huston con Silvester Stallone, da “La grande fuga” di John Sturges c

on Steve Mc Queen, a “Papillon” con Mc Queen e Dustin Hoffman, e ancora “Fuga da Alcatraz” con Clint Eastwood, “La lunga notte di Entebbe” di Marvin J. Chomsky. Ora giunge nelle sale “Argo”, produzione americana affidata alla voglia di regia di Ben Affleck, già talentuoso attore di successo in “Pearl Harbour” e felice amante, fin quasi alle nozze, di Jennifer Lopez oltre che suo partner in “Amore estremo” (Tough Love). “Argo” è il nome in codice per indicare un’impresa ai limiti del possibile da parte dei servizi segreti statunitensi, ma il titolo originale è “Canadian Caper” (Piroetta canadese); e a orecchio l’ispirazione sembrerebbe tratta dal più appassionante cult movie di tale genere di ogni tempo, “Vogliamo vivere!” (To be or not to be), ambientato in Polonia e girato nel 1942 dal grande Ernst Lubitsch, protagonista l’affascinante Carole Lombard. Gli attori di una compagnia di Varsavia si travestono da nazisti per irrompere nella stato maggiore della Wermacht, uccidere il comandante in capo, e riparare in Inghilterra nell’aereo personale di Hitler. Un capolavoro indimenticabile di cui Mel Brooks realizzò un onesto remake nel 1983.

Per Ben Affleck il teatro dell’azione si sposta invece in Iran al tempo della rivoluzione degli Ayatollah nel 1979. Il popolo in armi inferocito contro Reza Pahlavi invade le vie di Teheran e assalta l’ambasciata degli Stati Uniti colpevoli ai loro occhi di sostenere il dispotico regime dello Scià. Impiegati e funzionari in una corsa affannosa contro il tempo si precipitano a distruggere il maggior numero di documenti d’archivio, ma presto i cancelli cedono, i locali sono occupati, il personale è sequestrato (più di settanta dipendenti verranno tenuti in ostaggio per 400 giorni). Soltanto sei di essi riescono a riparare rocambolescamente presso la residenza ancora sicura dell’ambasciatore canadese, il quale sfidando gli eventi accetta di nasconderli in attesa che si trovi in tutta fretta la strada di espatriarli sotto falso nome. Se ne incarica Tony Mendez (lo stesso Affleck), agente della CIA esperto in audaci strategie di salvataggio; il suo piano è di spacciare i clandestini per componenti di una troupe cinematografica canadese presente a Teheran per i sopralluoghi di un film di fantascienza. Il suo titolo è “Argo”, una finta produzione curata in ogni dettaglio di verosimiglianza, compresa una conferenza stampa finalizzata a far apparire sui giornali le opportune notizie. Viene acquistata una regolare sceneggiatura per le riprese, e aperto un vero ufficio operativo a Hollywood affidato alla direzione di un esperto cinematografaro ormai in pensione (Alan Arkin). Infine viene arruolato un mago del trucco capace di sovrintendere all’immagine generale: sarà il grasso e simpatico John Goodman a “definire” a perfezione, come in un impeccabile cast, il ruolo che si addice a ciascun fuggiasco: dal regista al direttore della fotografia, dalla costumista all’organizzatore, dal fonico all’aiuto regista. Riusciranno i nostri eroi a farla franca? La risposta è scontata, ma non il film che riesce a mescolare con virtuosismo cronaca e finzione, umorismo e tesissima suspense. Quando finalmente l’inconsapevole pilota canadese dell’aereo di linea per Londra, inseguito sulla pista dalle autoblindo dei rivoluzionari e dalle raffiche dei mitra, imperturbabile tira la cloche per decollare con il suo prezioso carico umano, anche il nostro cuore si eleva in volo, esultante. Finalmente liberi! C’è da supporre che nell’animo di ogni individuo si annidi un abusivo in ansia di evasione.

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