10 attrici morte nel 2019

10. Claudine Auger (Parigi, 26 aprile 1941 – Parigi, 18 dicembre 2019) Nel 1958 arrivò seconda a Miss Mondo. È diventata famosa negli anni 60 per il ruolo della Bond girl Dominique “Domino” Derval nel film Agente 007 Operazione tuono. Il ruolo era in origine quello di una donna italiana, ma la Auger impressionò a tal punto i produttori che il personaggio venne cambiato in una francese. Il film lanciò la Auger in una fortunata carriera nel cinema europeo, mentre negli Stati Uniti non raggiunse un pieno successo. Molta più fortuna ebbe in Italia con opere come Operazione San Gennaro, L’arcidiavolo, Pane, burro e marmellata, Reazione a catena, Viaggio con Anita, Aragosta a colazione, La bocca.

9. Verna Bloom (Lynn, 7 agosto 1938 – Bar Harbor, 9 gennaio 2019) Ha avuto ruoli in più di 30 film e serie televisive fino dagli anni 60, tra cui quello di co-protagonista in una delle prime regie di Clint Eastwood, Lo straniero senza nome nel 1973, di Marion Wormer in Animal House di John Landis nel 1978 e l’interpretazione di Maria in L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese nel 1988.

8. Julie Adams (Waterloo, 17 ottobre 1926 – Los Angeles, 3 febbraio 2019) Dopo alcune piccole partecipazioni, venne presa sotto contratto dalla Universal con il suo nome d’arte, che inizialmente era Julia, ma che dopo pochi anni l’attrice cambiò in Julie. All’inizio degli anni 50 lavorò al fianco di diversi attori di prima grandezza come James Stewart in Là dove scende il fiume (1952), Tyrone Power in L’avventuriero della Luisiana (1953) e Rock Hudson in Il diario di un condannato (1953), ma il grande successo giunse con il film di fantascienza Il mostro della laguna nera (1954).

7. Anèmone (Parigi, 9 agosto 1950 – Poitiers, 30 aprile 2019) Figlia di uno psichiatra e di una poetessa, Anne Bourguignon trasse il nome d’arte dal primo film che interpretò, Anémone di Philippe Garrel, del 1968. Vinse il Premio César per la migliore attrice nel 1988 per l’interpretazione nel film Innocenza e malizia e fu nominata altre 4 volte, due come miglior attrice (nel 1993 per Le petit prince a dit e nel 1995 per Pas très catholique) e due come miglior attrice non protagonista (nel 1986 per Pericolo nella dimora e nel 1998 per Lautrec). Ha interpretato anche I love you di Ferreri.

6. Carol Linley nome d’arte di Carole Ann Jones (New York, 13 febbraio 1942 – Pacific Palisades, 3 settembre 2019) Nel 1959 ottenne una candidatura al Golden Globe per la migliore attrice debuttante per il film Innamorati in blue jeans. Molto attiva sul grande schermo durante gli anni sessanta e settanta, è nota al pubblico per le sue interpretazioni in film come Il cardinale (1963) e Bunny Lake è scomparsa (1965) di Otto Preminger) e L’avventura del Poseidon (1972).

5. Marie Laforet nome d’arte di Maïténa Marie Brigitte Douménach (Soulac-sur-Mer, 5 ottobre 1939 – Genolier, 2 novembre 2019) debuttò nello spettacolo per caso gareggiando in sostituzione della sorella ad un concorso per giovani talenti. Il regista Louis Malle la ingaggiò nello stesso anno per Liberté, un progetto cinematografico che tuttavia non fu mai realizzato; la sua prima apparizione cinematografica pertanto risale al 1960 nel film Delitto in pieno sole, diretto da René Clément. L’anno dopo sposò il regista Jean-Gabriel Albicocco, che la inserì nel cast di diversi suoi film, il più famoso dei quali resta La ragazza dagli occhi d’oro (1961). Questo appellativo rimase come etichetta all’attrice che ebbe un grande successo anche come cantante. La sua carriera cinematografica proseguì con successo, con qualche pellicola che la vide protagonista anche in Italia, come Le soldatesse (1965) di Valerio Zurlini. Dal 1978 si stabilì a Ginevra dove aprì una galleria d’arte, finendo quindi per prendere la cittadinanza svizzera. Pubblicò un libro autobiografico e si dedicò ancora al cinema. In Italia apparve nei serial La piovra 3 (1987) ed A che punto è la notte (1994), ultima regia di Nanni Loy, e nel film L’avaro (1990), di Tonino Cervi.

4. Sue Lyon (Davenport, 10 luglio 1946 – Los Angeles, 26 dicembre 2019) Ultima di cinque figli e orfana di padre, mosse i primi passi nel mondo dello spettacolo come modella, quindi partecipando come attrice bambina con piccoli ruoli alle serie televisive Dennis la minaccia e Letter to Loretta. Sul set di quest’ultimo, venne notata da Stanley Kubrick che la propose nella produzione del film Lolita (1962) per il ruolo da protagonista battendo la concorrenza di altre 800 aspiranti. Il ruolo di Lolita la trasformò in una promettente stellina, consentendole di interpretare altri ruoli di giovane tentatrice, come in La notte dell’iguana (1964) di John Huston, Missione in Manciuria (1966) di John Ford, L’investigatore (1967) di Gordon Douglas e Carta che vince, carta che perde (1967) di Irvin Kershner. Superata l’adolescenza, il successo si affievolì e il cinema tese a dimenticarla. Dopo essere apparsa in qualche produzione televisiva minore e nel film horror Alligator (1980) di Lewis Teague, l’attrice si ritirò definitivamente.

3. Bibi Andersson (Stoccolma, 11 novembre 1935 – Stoccolma, 14 aprile 2019) All’età di 16 anni viene scoperta dal regista Ingmar Bergman, che le offre una parte in uno spot. Nel 1953 debutta sul grande schermo con il film Dumbom diretto da Nils Poppe. Nel 1955 torna a lavorare con Bergman nel film Sorrisi di una notte d’estate dove interpreta un piccolo ruolo. È l’inizio di una collaborazione che durerà fino al 1994. Nel 1956 entra a far parte della ristretta cerchia di attori di Bergman al teatro di Malmö. Nel biennio successivo, Bergman le affida numerosi ruoli in film di rilievo quali Il settimo sigillo (1957), Il posto delle fragole (1957) e Alle soglie della vita (1958), per cui vinse il premio come miglior attrice al festival di Cannes. L’anno successivo vince l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival di Berlino per l’interpretazione nel film L’amante. Nel 1965 fa il suo debutto cinematografico negli USA con il film Duello a El Diablo di Ralph Nelson. Prosegue la sua collaborazione con Bergman che nel 1966 le affida la parte principale nel film Persona. Tra il 1966 e il 1973, oltre a collaborare con Bergman (in film quali Passione, L’adultera e Scene da un matrimonio), lavora anche con John Huston in Lettera al Kremlino (1970). Nel 1987 ha una piccola parte nel film premio Oscar Il pranzo di Babette di Gabriel Axel.

2. Anna Karina (Copenaghen 22 settembre 1940 – Parigi, 14 dicembre 2019) Nome d’arte di Hanne Karin Blarke Bayer, danese, naturalizzata francese. Il suo volto è stato il simbolo della Nouvelle vague. Per l’interpretazione di La donna è donna di Godard ha ottenuto l’Orso d’argento al Festival di Berlino nel 1961. Modella (fu Coco Chanel a trovarle il nome), venne notata dal giovane Godard che la volle come protagonista del suo secondo film Le petit soldat (girato nel 1960 ma uscito solo nel 1963), scrivendo dialoghi e scene su misura per lei. Intanto anche il debuttante Michel Deville le offrì il ruolo principale in Ce soir ou jamais (1961), ma sarebbe stato Godard a conquistare definitivamente la giovane attrice offrendole la parte da protagonista in Une femme est une femme sposandola subito dopo la fine del film. Questo sodalizio non le impedì di lavorare in film di altri registi. Fra questi spicca Susanna Simonin, la religiosa (1966) di Jacques Rivette, ma sono da ricordare anche Un mari à prix fixe (1963) di Claude de Givray, Il piacere e l’amore (1964) di Roger Vadim e La schiava di Bagdad (1963) di Pierre Gaspard-Huit. Fu però Godard a disegnare per lei i personaggi più originali, drammatici e astratti come in Questa è la mia vita (1962) o Agente Lemmy Caution ‒ Missione Alphaville (1965), o spensierati e romantici come in Bande à part (1964) e Il bandito delle undici (1965), culmine della collaborazione e co-sperimentazione con il regista, che si sarebbe conclusa con Una storia americana (1967). Dopo il divorzio nel 1967, allargò i suoi orizzonti lavorando anche all’estero. Già nel 1965 aveva impersonato una delle prostitute greche in Le soldatesse di Valerio Zurlini; nel 1967 fu la collega-amante di Mersault (Marcello Mastroianni) in Lo straniero di Luchino Visconti. Quasi tutti i film cui partecipò in quel periodo erano di origine letteraria: in Germania La spietata legge del ribelle (1969) di Volker Schlöndorff; in Inghilterra In fondo al buio (1969) di Tony Richardson in Belgio Rendez-vous à Bray (1971) di André Delvaux. La partecipazione all’esotico Rapporto a quattro (1969) diretto da George Cukor, ispirato dalla narrativa di L. Durrell, rappresentò però l’inizio di un’attività più eclettica, come dimostrò la sua presenza, nel 1974, sia nel grottesco Pane e cioccolata di Franco Brusati sia nel sofisticato L’invenzione di Morel di Emidio Greco. Ma a cercarla furono soprattutto i giovani autori che si richiamavano alla Nouvelle vague, come Benoît Jacquot per il suo primo film L’assassin musicien (1976) o Rainer W. Fassbinder per Roulette cinese (1976) oppure l’ungherese Márta Mészáros per Olyan, mint otthon, noto anche con il titolo Just like home (1978). Nel frattempo si cimentava nella regia scrivendo, dirigendo e interpretando Vivre ensemble (1973); nella canzone, incidendo dischi; e anche nella scrittura pubblicando alcuni romanzi. Ma sono le sue apparizioni cinematografiche, per quanto diradate, a mostrare ancora il suo fascino, come in L’opera al nero  (1988) di Delvaux o Alto, basso, fragile (1995) dell’amico Rivette, mentre anche piccole parti come quelle nel film d’avanguardia L’île au trésor (1986) diretto da Raúl Ruiz o nel thriller The truth about Charlie (2002) di Jonathan Demme, dimostrano come il cinema internazionale non si sia dimenticato di lei.

1. Doris Day (Cincinnati, 3 aprile 1922 – Carmel-by-the-Sea, 13 maggio 2019) Nome d’arte di Doris von Kappelhoff. All’intensa e straordinaria carriera di cantante, si aggiunse quella di attrice. Interprete di film soprattutto musicali, raggiunse l’apice negli anni 50 con i prestigiosi Amami o lasciami (1955) di Charles Vidor, L’uomo che sapeva troppo (1956) di Alfred Hitchcock e Il giuoco del pigiama (1957) di George Abbott e Stanley Donen, e proseguì negli anni 60 che la videro protagonista di film ironici e divertenti. Cantante e ballerina, costruì la sua immagine di ragazza affascinante ma non sfacciata, intraprendente ma di sani principi con grande intelligenza. Il suo esordio cinematografico avvenne nel 1948 con Amore sotto coperta, con la regia di Michael Curtiz, che l’avrebbe poi diretta ancora in Musica per i tuoi sogni (1949), nell’interessante e drammatico Chimere (1950) e in I’ll see you in my dreams (1951). Divenuta una delle star di punta nel musical riuscì ad affermarsi con elegante e grintosa disinvoltura assecondata dalle regie di Roy Del Ruth e di David Butler. Quest’ultimo la diresse, tra gli altri, in Tè per due (1950), Aprile a Parigi (1953) e nel simpatico western musicale Non sparare, baciami! (1953). Nel 1955, interpretando Ruth Etting, nel biografico Love me or leave me, seppe contrapporre alla malinconica e silenziosa decadenza di criminale romantico offerta da James Cagney, la matura consapevolezza del suo personaggio, una fulgida stella del musical degli anni Venti, dotata di grande talento ma di altrettanta spregiudicata determinazione. Nel 1956 Hitchcock la scelse come protagonista femminile, accanto a James Stewart, del thriller The man who knew too much, in cui l’attrice, oltre all’interpretazione della celebre canzone Que sera sera, diede prova della sua bravura adeguandosi perfettamente al crescendo della suspense drammatica nel film e dotando di efficaci sfumature il suo personaggio. Altrettanto convincente si rivelò nel 1957 nel ruolo della spumeggiante protagonista di The pajama game, divertente e originale commedia musicale incentrata sullo scontro di classe. Sempre ai vertici del box office per l’intero decennio e per tutto il successivo, interpretò una serie di spiritose, garbate e intelligenti commedie accanto a divi come Clarke Gable in 10 in amore (1958) di George Seaton, Rock Hudson, nel convenzionale Il letto racconta… (1959) di Michael Gordon, che le valse una nomination, Jack Lemmon in Attenti alle vedove (1959) di Richard Quine, David Niven in Non mangiate le margherite (1960) di Charles Walters, Cary Grant in Il visone sulla pelle (1962) di Delbert Mann, James Garner in Fammi posto tesoro (1963), sempre di Gordon; e ancora Rock Hudson, che si confermò suo partner congeniale, in Non mandarmi fiori (1964) di Norman Jewison. Successivamente fu diretta dall’esperto Frank Tashlin in La mia spia di mezzanotte (1966), brillante farsa sulla guerra fredda, e Caprice la cenere che scotta (1967), riuscita commistione di satira e film di spionaggio. L’attrice interruppe la carriera cinematografica nel 1968, preferendo affidarsi alle fortune televisive del The Doris Day show fino al 1973.

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