La modestia dei desideri – Giulietta donna e attrice, il libro omaggio

di Gianfranco Angelucci

Nell’anno delle celebrazioni di Federico Fellini – la ricorrenza dei venti anni dalla scomparsa e il compleanno di ben quattro film – qualcuno si preoccupa di ricordare anche sua moglie Giulietta. Nella cittadina d’origine, San Giorgio di Piano, per merito del locale Rotary Club vede la luce un libro gentile curato da Tiziana Contri: “Giulietta Masina, donna e attrice”. E’ un volume rilegato che offre insieme alla cornice storica e alle immagini attuali del paese, le istantanee familiari, le fotografie professionali e di scena, le locandine dei film, le caricature disegnate da Federico; e nella prima parte raccoglie un “Ritratto a più voci”, florilegio di testimonianze di amici, collaboratori, parenti, giornalisti.

Eccellente la riproposta dell’intervista di Enzo Biagi che risale al 15 maggio del 1992, quando (ancora per poco) tutto filava liscio, o così credevamo. Domande e risposte sono una piccola lezione di vita. Le chiede il giornalista: “Cosa avevano i ragazzi di una volta che quelli di oggi non hanno?” E Giulietta lucidissima: “Forse la modestia dei desideri. Non si osava. Si sognava, ma non lo si diceva.” Esattamente l’opposto del titolo di un romanzo di Nanni Balestrini “Vogliamo tutto”, divenuto negli anni della contestazione la parola d’ordine di un’intera generazione e la filosofia di vita di tutti i giovani a seguire.

Giulietta parla anche del suo rapporto con Federico approdato a nozze nel 1943: “Penso che sposarsi molto giovani ci abbia dato modo di avere tanto coraggio, in un momento così drammatico.” “Cosa unisce una coppia quando non ci sono bambini?” E lei: “Ho visto, e non lo dico per trovare delle scuse, che in molte coppie con figli, questi diventano un ricatto per una convivenza obbligata. La coppia senza figli, se sta insieme, è perché sta bene.” Insiste Biagi: “Nella vita coniugale uno da e uno riceve. Che scambio c’è stato tra voi?” “Ci sono stati quarantotto anni di scambi. Magari anche di qualche gelosia mia, di qualche incomprensione, di qualche lite. Io poi divento una furia, una volta ogni vent’anni… C’è stata una vita, devo dirlo, una vita sincera, autentica, vera, senza ipocrisie, con il coraggio di rimanere e di essere noi stessi, sempre.”

Appena un anno più tardi, dopo aver ritirato insieme a Hollywood il quinto Oscar alla carriera assegnato a Fellini, il destino aveva sciolto per sempre il complicato e fortunato sodalizio. Federico sarebbe scomparso il 31 ottobre del 1993, il giorno successivo al compimento delle loro Nozze d’Oro. Giulietta era stata presto ricoverata in ospedale, e mi aveva detto: “Io che ce sto a fa’ se non c’è più lui!?” Cinque mesi dopo, il 4 marzo del 1994 se n’era andata anche lei.

Mi ricordo quel suo accento romanesco acquisito, con la voce arrochita dalle troppe sigarette. Abitava nella Capitale da quando aveva quattro anni, ‘ceduta’ dai genitori ai benestanti zii di Roma, coppia senza figli, Giulia Sardi e Eugenio Pasqualin, fratello della madre Flavia. Però non aveva mai dimenticato San Giorgio di Piano, la scena primaria direbbe la psicanalisi, rafforzata dalle lunghe vacanze estive trascorse in campagna. L’emozione si annunciava già arrivando in treno con l’odore pesante dei maceri (della canapa), e poi lo stridio delle cicale, la vendemmia, la recita dei burattini portati a San Zòrz su un carro di buoi. Nei cortili delle case avevano luogo le rappresentazioni di opere liriche tanto amate anche in seguito: l’Otello, i Pagliacci, la Cavalleria Rusticana, La Forza del destino…

Il padre, Gaetano Masina, era violinista per slancio e impiegato della Montecatini per bisogno, e la primogenita ne aveva senza dubbio ereditato il talento artistico. Era stato lui a raccogliere fin dall’inizio, pagina dopo pagina di un voluminoso album casalingo, tutti gli articoli che i giornali dedicavano alla sua Giulia. Di cui questo libro affettuoso è una sorta di riflesso, con Giulietta ormai diva, abbigliata in mise eleganti a fianco del suo Federico, ma anche di Totò, di Richard Basehart (il Matto di La Strada), di Amedeo Nazzari, di Eleonora Rossi Drago. Toccante la foto in cui si stringe a Fellini che tiene nella mano destra la statuetta dorata dell’Oscar. Gelsomina, Cabiria, Fortunella, Ginger, Camilla ci sorridono dalle pagine patinate con innocente, disarmante felicità; e si prova una stretta al cuore pensando a quanto poco si sia scritto su un’attrice così unica e importante del cinema italiano.

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