Woman in gold. Ciò che ci appartiene

Il nostro parere

Woman in gold (2015) UK di Simon Curtis

Il film è basato sulla storia vera della defunta Maria Altmann, una sopravvissuta all’Olocausto, che, insieme al giovane avvocato E. Randol Schönberg, ha combattuto il governo austriaco per quasi un decennio per recuperare il quadro di Gustav Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, appartenuto a sua zia e che era stato confiscato dai nazisti a Vienna poco prima della seconda guerra mondiale.

Curtis punta su due aspetti: il rapporto filiale che si crea tra la donna ed il suo avvocato e la necessità di accettare le proprie radici, senza dimenticare da dove proveniamo. Tutto viene abbastanza facile perché gli attori sono bravi e duttili e, soprattutto, perché fin dall’inizio il pubblico sa per chi deve parteggiare. Da qua una scontatezza che non viene riscattata dal tentativo della sceneggiatura di inserire altri elementi narrativi.

Il buon intento civico ed il valore intrinseco della “morale” non possono far dimenticare che non ci sono momenti di grande pathos tali da smuovere in profondità l’anima. Lo spettatore si limita a seguire i protagonisti sapendo in cuor suo che l’avranno vinta. Troppo poco per produrre un ottimo risultato.

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