Creed. Crepuscolo dell’eroe

Il nostro parere

Creed (2015) USA di Ryan Coogler

Il mito di Rocky Balboa rischiava di essere uno stereotipo, un format ripetitivo interrotto solo dalla età avanzata dello stesso eroe, ormai ben oltre i 60. L’ultimo bagliore era stato il film del 2006 dove Rocky, una volta superata la morte della moglie, combatteva un’ultima volta per riconoscere a se stesso un senso. Ora, a distanza di 10 anni, come fare a riflettere sul mito senza cadere nel baratro dell’ovvio?

Ryan Coogler ha risolto il problema ricostruendolo dalle radici, spostando il tiro dalla sua figura a quella del figlio illegittimo di Apollo Creed, suo rivale, amico, allenatore, sodale, morto tragicamente nel corso di Rocky IV. Adonis è un tipo irrequieto, salvato solo dalla moglie di Apollo che l’ha preso dal riformatorio. Dentro di lui, però, cova una grande rabbia, dovuta al fatto di essere cresciuto all’ombra di una figura paterna ingombrante che gli è sempre mancata. Questa rabbia la riversa sul ring, ma è grezzo, incompiuto. Rocky lo prende con sé, lo allena, ritrova la sua vera natura sul ring, nonostante la solitudine in cui vive, il tumore che l’ha colpito. Con Adonis riesce a ricostruire una famiglia. Ed è la famiglia il nucleo fondante dell’opera di Coogler.

Il ring è il luogo catartico dove tutto si compie, ma è la necessità degli affetti il tema portante, l’asse su cui si muovono i personaggi. Con discreto equilibrio Coogler dosa le scene di combattimento e i dialoghi. Cede ovviamente alla retorica e al combattimento pacchiano, tipico del brand. I due pugili si picchiano senza pietà (e senza credibilità) per tutto il match con abbondanza di sudore e sangue. Nonostante siano i momenti più amati dal pubblico, sono anche le zone grigie del film, le più scontate. Il meglio viene dalla capacità del regista di ripercorrere il mito con una rilettura intelligente e mai banale. La classica corsa di Rocky in mezzo a Filadelfia, con le trombe di Bill Conti, viene sostituita dal rumore delle moto che circondano Adonis. Il paragone risulta azzeccato. Rocky correva tra i proletari della sua città, diventando motivo di riscatto per questa parte della popolazione. Adonis raduna attorno a sé i giovani neri che non hanno un futuro, rappresenta anche lui un simbolo.

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