Whiplash. Strepitosa jazz session.

Il nostro parere

Whiplash (2014) USA di Damien Chazelle

Questo film poteva vincere l’Oscar. Birdman e Boyhood erano belle idee, a volte belle immagini, ma statiche rispetto al ritmo sincopato dell’opera di Chazelle. In Birdman c’era un grandissimo cast, in Boyhood l’ossessione del tempo che passa: in Whiplash, invece, c’è un uomo solo al comando (farlo passare per non protagonista è stata una furbata perché Simmons giganteggia in scena, è il centro del film), una scarica di adrenalina che ti inchioda alla poltrona.

Ma non si poteva premiare il film di un semiesordiente di fronte a personaggi che avevano già avuto dei consensi dall’Academy. Probabilmente è mancato del coraggio per andare oltre la nomination. C’è l’Oscar per Simmons, ci mancherebbe, ci sono il premio per il montaggio (strameritato) e per il sonoro, ma manca la statuetta più prestigiosa.

Tornando al film. C’è la prova d’attore, ci sono una sceneggiatura forte e credibile, un montaggio (già detto) notevolissimo, una colonna sonora trascinante e ci sono gli elementi narrativi che riempiono il cuore e la testa di ogni spettatore.

In alcuni momenti riecheggia il Godard di A bout de souffle, con quel ritmo spezzato che segue la musica di Martial Solal,  senza dubbio influenzata da Miles Davis e dal jazz di quell’epoca. In altri la grandiosa classicità dell’intreccio (il protagonista, l’antagonista, le prove da superare) viene utilizzata sterzando improvvisamente, creando un vuoto nello spettatore. Il ragazzo talentuoso è saccente, antipatico e crudele con chi lo ama; l’antagonista alterna crudeltà incredibili a momenti di umanità totale, il padre comprensivo in realtà non crede nel figlio e lo ostacola psicologicamente, le prove da superare non portano alla ricomposizione del quadro iniziale (peraltro già destabilizzato), il successo porta con sé un carico di amarezza.

Il centro delle polemiche sta nel rapporto insano tra i due che in molti vedono come caricatura di ciò che è il jazz. Altri sottolineano che non è affatto detto che il training feroce che il Fletcher del film infligge ai suoi musicisti sia insano e che in queste condizioni non si diventa migliori musicisti. Probabilmente tutto questo è vero, com’è vero che il nessuno dei due personaggi principali vive in modo “sano” il rapporto con la musica. Nessuno rinuncerebbe all’amore? Leggendo le storie dei grandi musicisti troviamo una serie infinite di storie conclusesi malamente in cui le mogli lasciavano i mariti dopo umiliazioni terribili, cui nessuno vorrebbe sottoporsi. Eppure è successo.

Allontanandosi dall’idea che il film sia il ritratto del jazz in quanto tale, troviamo solo il racconto di una folle ossessione, di un rapporto al limite del sadomasochismo senza senso ma avvincente. C0s’altro dire? Per usare frasi fatte C’est la vie ma larger than life. In sintesi: cinema.

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