The Wolf of Wall Street – Polvere di fate

Il nostro parere

The Wolf of Wall Street (2014) USA di Martin Scorsese

New York, anni 80. Eccessi e corruzione segnano la curva discendente della brillante carriera di Jordan Belfort, un ambizioso broker in grado di guadagnare migliaia di dollari al minuto e di spenderne altrettanti in droga e futilità.

Adattato da Terence Winter dal libro di memorie dell’agente di borsa Jordan Belfort, che ha fatto fortuna negli anni ’80 e ’90, The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese è un film eccessivo sull’eccesso: è immorale, spudorato, eccitante ed estenuante, disgustoso e illuminante; è uno dei film più divertenti mai realizzati su uomini disgustosi, uno dei film più divertenti mai realizzati su Wall Street e la fame di denaro.

Con un ritmo folle e forsennato Scorsese ci conduce nella folle vita di un tossicodipendente, un tossico che si riempie di droga, alcol, donne solo per il piacere di bruciare la vita, di prendere ogni cosa con voracità insaziabile e mostruosa. Belfort infila senza alcuna remora ogni cosa: frode azionaria, riciclaggio di denaro, evasione fiscale, truffa insieme alla sua crew descritta come una banda di barbari permanentemente alla ricerca di sangue e razzia.

I dialoghi sono audaci e particolarmente lunghi fino a diventare vere e proprie commedie all’interno del film. Il primo incontro tra Hill e Di Caprio è una divertentissima gag così come la straordinaria scena al rallentatore dopo l’abbuffata di Quaalude. Il momento più riuscito è la scena madre assegnata McConaughey nei panni del mentore di Belfort, Mark Hanna, che a un certo punto batte un ritmo sul petto come un canto tribale il cui obiettivo è spolpare il malcapitato di turno.

Scorsese ci precipita nel mare di perversione che sconfina nell’umiliazione, nell’abbruttimento, nello spreco con una sorta di attrazione-repulsione. È disgustato da Belfort e i suoi accoliti ma non può non seguirne gli atteggiamenti da maschio-alfa mostrandoci gli eccessi e il fascino, chiedendoci sottilmente se anche noi, travolti da un mare di soldi e possibilità, non saremmo privi di ogni ancora morale. Lo spettatore gode, infine, delle sue imprese, supera agevolmente la grettezza dei suoi comportamenti finendo per parteggiare per lui.

La grandezza di Scorsese sta nel riprendere tutto ciò con inquadrature distorte che evidenziano la grottesca realtà di queste persone. Scorsese e Winter non perdono mai di vista il quadro generale. In teoria, il soggetto del film è la mentalità di Wall Street, che è solo una versione pulita della mentalità da gangster mostrata in “Mean Streets”, “GoodFellas” e “Casino”. “

Ma la visione del film va oltre l’antropologia culturale. Qualcuno potrebbe, infatti, pensare che il film parla solo di dipendenza con un piglio accusatorio moralista. Scorsese incide invece in profondità svelandoci come si tratti della dipendenza dell’America dall’eccesso capitalista, dall’egoismo incontrollato.

È il mondo in cui viviamo. Uomini come Belfort ci rappresentano, anche se ci stanno derubando. Possiamo ridere, ma uomini come Belfort non smetteranno mai di ridere di noi.

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