The boogeyman

Il nostro parere

The boogeyman (2023) USA di Rob Savage


Ancora in lutto per la recente morte della moglie, un terapeuta e le sue due giovani figlie devono affrontare una terrificante entità soprannaturale che si nutre della sofferenza delle sue vittime.


Il racconto di “The Boogeyman” è venuto da “La mente di Stephen King” dove la creatura mitica è stata resa in un’ampia incarnazione di paura e paranoia, raccontata durante una conversazione tra due persone. Ora, adattati qui dagli scrittori di “A Quiet Place” Scott Beck & Bryan Woods, e Mark Heyman, il significato del mostro notturno oscuro e amante delle porte e terrore per bambini è ancora più ampio e si lega al significato della perdita.

Savage parla invece di un padre terapeuta Will Harper e le sue due figlie, Sadie e la più giovane Sawyer dilaniati dalla morte della madre, morta un anno prima in un incidente stradale.  Il regista ci fa sentire il dolore nella dura atmosfera della casa oscura anche di giorno. Ma “The Boogeyman” non ha il tatto emotivo per farci provare un dolore così profondo, solo pietà per le sorelle.

Il Boogeyman entra nella casa vuota sotto forma di Lester (dal racconto breve). Dopo aver condiviso una storia raccapricciante sulla morte dei suoi figli, si insinua e si impicca nell’armadio della madre morta, piantando il mostro nella loro casa.

Il suicidio di Lester è solo un’altra morte nel mondo Harper, e come la perdita della moglie di Will e della madre dei figli, non vuole davvero parlarne. In termini sia proverbiali che letterali, Sadie e Sawyer sono lasciate al buio. Entrambe vogliono solo un po’ di pace interiore, che viene interrotta da urti aggressivi nella notte e porte dell’armadio che improvvisamente si aprono o si chiudono.

Nella prima metà del film l’atmosfera è a volte inquieta, ma difficilmente spaventosa. L’uso della luce e del suono è la sua sfaccettatura più intelligente, come quando Sawyer fa cadere la sua grande palla leggera nell’ignoto lungo il corridoio, sperando di non avere ragione su ciò che c’è dall’altra parte.

Molta parte di questa delusione viene da difetti della sceneggiatura. Non è difficile, infatti, non notare come, nonostante tutti i discorsi su come il Boogeyman odi la luce, i protagonisti ignorino la comodità che una torcia del telefono cellulare potrebbe avere nel contrastare la creatura.

E se ad un horror da il tempo di pensare ad una eventualità di questo genere, significa che manca di efficacia.

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