Schermi di sport

di Massimo Morelli

E’ opinione diffusa, non solo tra gli addetti ai lavori, che Cinema e Sport non sia un matrimonio riuscito. Le due forme di spettacolo certamente si attraggono, si affascinano, si seducono, ma alla fine si separano perché Sport è perdutamente innamorato di Televisione, che sposa e condivide le sue emozioni più forti, intense e “dirette”. Cinema non si rassegna e continua, con ironia e discrezione, a corteggiare da lontano. Football americano e pugilato sono le prime discipline ad esser prese di mira dai grandi comici del cinema muto. Le performance di Charlie Chaplin e Buster Keaton sul ring, unite a quelle di Harold Lloyd sul terreno di gioco, ridicolizzano il culto dello sport ed il mito della forza fisica. Le loro “imprese” memorabili sono immortalate rispettivamente nei film: “Charlot boxeur”, “Io e la boxe” e “Viva lo sport. Lui e la palla”.

Improponibile il confronto con i nostri comici. La satira sul mondo del calcio rappresentata da Alberto Sordi: “Il Presidente del Borgorosso Football Club”, Lando Buzzanca: “L’arbitro” ed Alvaro Vitali: “Paulo Roberto Cotechino centravanti di sfondamento”, debole sotto il profilo “tecnico-intellettuale”, retrocede tristemente alla fine del campionato. Il nostro “calcio” ritornerà ad essere protagonista nella massima serie con le opere: “Ultimo minuto” di Pupi Avati, “L’uomo in più” di Paolo Sorrentino e “Il profeta del gol” del compianto Sandro Ciotti, una biografia esemplare dedicata al fuoriclasse olandese Johan Cruyff e un affascinante omaggio che surclassa il più recente e deludente “Best” dell’americana Mary McGuckian.

L’impresa impossibile è un elemento spettacolare che il cinema sportivo accoglie e valorizza. In “Fuga per la vittoria” John Huston replica il successo di “Quella sporca ultima meta” di Robert Aldrich e racconta il pareggio imposto alla rappresentativa tedesca da un “dream team” di lusso, una selezione di prigionieri capitanata da Pelè, in un match organizzato in un campo di concentramento nel 1943.

Davide contro Golia è la metafora biblica proposta in “Sfida per la vittoria” di Michael Corrente. Il film descrive l’esaltante cammino di un’intera comunità cattolica e della sua squadra, una modesta formazione di dilettanti scozzesi, dai turni preliminari alla finale di Coppa di Lega, trofeo che verrà assegnato, vedere per credere, soltanto dopo una roulette emozionante di tiri dal dischetto contro i protestanti e professionisti Rangers Glasgow.

La sfida con sé stessi è la caratteristica che accomuna tra loro le diverse discipline sportive e in questo genere cinematografico la tematica fondamentale. Le immagini ci illudono di essere l’alpinista che in “Grido di pietra” di Werner Herzog, da un’idea di Reinhold Messner, è impegnato in Patagonia nella scalata del Cerro Torre, oppure il surfista californiano che nel film “Un mercoledi’ da leoni” di John Milius, si destreggia tra le onde nelle grandi mareggiate, infine il subacqueo che con “Le grand bleu” di Luc Besson, scopre l’incanto del mondo sommerso.

Nessuno meglio del pugile incarna il concetto di sfida con sé stesso e dal pugilato il cinema ha estratto autentiche perle. Da “The day of the fight”, cortometraggio d’esordio di Stanley Kubrick, che individua, scolpita nell’attesa, l’angoscia sempre più snervante di un pugile a poche ore dall’incontro, all’immenso “Toro scatenato” di Martin Scorsese, che rievoca l’esistenza tormentata di Jake La Motta. Da “Quando eravamo re”, eccellente documentario di Leon Gast, che riflette sul significato profondo del mito di Mohammed Alì, al recente “Alì” di Michael Mann. Da “Il colosso d’argilla” di Mark Robson, che ricostruisce la storia di Primo Carnera, ai capolavori di Robert Wise: “Lassù qualcuno mi ama”, ispirato alla vita di Rocky Graziano e “Stasera ho vinto anch’io”. Dal ring al set spesso il salto è breve.

Molti ignorano che per alcuni pugili, il cinema ha rappresentato l’inizio di una nuova carriera. Tre sono le pellicole principali interpretate da Primo Carnera: “La corona di ferro” di Alessandro Blasetti e “Due cuori fra le belve” di Giorgio Simonelli, nel ruolo di re dei cannibali che affronta, completamente dipinto di nero, il grande Totò nella fossa dei leoni. Termina la sua esperienza artistica con il famoso peplum “Ercole e la regina di Lidia” di Pietro Francisci.

Tra gli attori americani, Paul Newman si è distinto più di altri per le sue doti atletiche. Ha indossato i guantoni di Rocky Graziano nell’opera di Wise, i pattini da ghiaccio del giocatore di hockey in “Colpo secco” di George Roy Hill e maneggiato da “spaccone” la stecca da biliardo, sia nel film omonimo di Robert Rossen, che nel successivo “Il colore dei soldi” di Scorsese. Sempre in prima fila alle partite in casa di Los Angeles Lakers e New York Knicks, Jack Nicholson e Spike Lee testimoniano con “Yellow 33” e “He got game” il loro amore per il basket.

Da semplice manifestazione sportiva a fenomeno sociale e culturale di massa, il calcio viene vivisezionato dal cinema da molteplici punti di vista. “Febbre al 90°” di David Evans, sottolinea le forme di dipendenza quotidiana, “Ultrà” di Ricky Tognazzi ed “Hooligans” di Philip Davis, il mondo delle curve, “Sognando Beckam” di Gurinder Chada e “La coppa” di Khyentse Norbu, l’ingresso di nuovi soggetti: donne e monaci! Alla fine di questa lunga maratona ci sono film e discipline sportive che non si possono trascurare. “Momenti di gloria” di Hugh Hudson e l’atletica leggera in chiave olimpica, “Il migliore” di Barry Levinson e il baseball, “Sistemo l’America e torno” di Nanni Loy e “Forget Paris” di Billy Crystal per il basket, “Palombella rossa” di Nanni Moretti e la pallanuoto come metafora di vita. E adesso time out!

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