10 Oscar alla carriera parte 4

1978. Margaret Booth  (14 gennaio 1898 – 28 ottobre 2002)  Inizia la propria carriera cinematografica all’inizio degli anni venti come assistente montatrice per David Wark Griffith. Lavora poi per Louis B. Mayer e lo segue quando questi fonda nel 1924 la Metro-Goldwyn-Mayer. Nel 1936 viene candidata all’Oscar al miglior montaggio per La tragedia del Bounty e l’anno successivo diventa Editor-In-Chief della MGM, assumendo un ruolo di supervisione che mantiene per trent’anni.

1979. Walter Lantz (27 aprile 1899 – 22 marzo 1994)  Nacque a New Rochelle da genitori italiani, Francesco Paolo Lantz (cognome italiano Lanza). Il suo primo successo lo ebbe come regista di Oswald il coniglio fortunato,una serie di cartoni per la Universal Studios. Il maggiore successo lo ottenne però con la creazione di Picchiarello (Woody Woodpecker).

1979. Laurence Olivier  (22 maggio 1907 – 11 luglio 1989) Dotato di un eccezionale temperamento drammatico, di innata eleganza e di una personalità magnetica, Laurence Olivier fu riconosciuto come il massimo attore del suo tempo nei ruoli shakespeariani. Debuttò in teatro a Londra nel 1925. Dal 1935 si dedicò alla rappresentazione delle opere di William Shakespeare, l’autore cui rimase legato per tutta la carriera, con un memorabile Romeo e Giulietta in cui si alternava con John Gielgud nei ruoli di Romeo e Mercuzio. Dal 1937 al 1938 fece parte della compagnia shakespeariana dell’Old Vic di Londra, di cui fu direttore artistico dal 1944 al 1949. Come attore, Olivier fu in grado di coprire un repertorio vastissimo che spaziava dalla tragedia greca alle commedie, ai drammi di autori contemporanei. Risale al 1939 il suo primo film importante, Wuthering Heights (La voce nella tempesta), tratto dall’omonimo romanzo di Emily Brontë. Nel 1944 una versione per il grande schermo di Enrico V di Shakespeare, diretta e interpretata da Olivier, divenne un classico della cinematografia. In seguito diresse e recitò nell’adattamento cinematografico dell’Amleto, 1948, che vinse quattro Oscar e il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia, del Riccardo III, 1956, di Otello, 1965. Tra gli altri film: Rebecca, la prima moglie, 1940, Gli insospettabili, 1972, e Il maratoneta, 1976. Olivier fu direttore del National Theatre di Gran Bretagna dal 1962 al 1973. Nel 1947 venne nominato cavaliere e nel 1960 baronetto. E’ stato sposato con tre attrici: Jill Esmond;  Vivien Leigh; il terzo matrimonio fu con Joan Plowright, nel 1961, che rimase accanto a lui fino alla fine.

1979. King Vidor  (8 febbraio 1894 –  1 novembre 1982)  Nel 1913 debuttò come regista. Nel 1925 realizzò il malinconico film di guerra, La grande parata in cui narrava la storia di un uomo (John Gilbert) che si avventura al fronte per tornare poi avvilito dalla sua amata. Quel successo di critica (ma non di pubblico) fu bissato con La folla (1928), in cui mise in scena l’ “uomo comune”, alle prese con le gioie e i drammi quotidiani della vita. Il film, ritenuto un capolavoro, permise di dimostrare a Vidor un utilizzo innovativo della macchina da presa. Negli anni trenta alternò il dramma, Il campione (1931), il film d’impegno civile Nostro pane quotidiano (1934), e i western, Amore sublime (1937) e Duello al sole  (1946). Nel 1959 abbandonò il cinema.

1980. Alec Guinness (2 Aprile 1914 – 5 Agosto 2000) Interprete inglese poliedrico e versatile. Il suo repertorio comprese, col tempo, lavori di Shakespeare, Dostojevski, Shaw, Sartre, Feydeau, Sheridan, ecc. Si avvicinò al cinema, nel 1946 con Grandi speranze di D. Lean cui seguì Oliver Twist (‘48) sempre di Lean. Dotato di una maschera mobilissima e malleabile, nonchè di un umorismo sornione e di un’aria innocente e svagata, con Sangue blu (1949), di R. Hamer, si affermò attore di sopraffine risorse ironiche. La svolta nella sua carriera cinematografica avviene con il drammatico ruolo del colonnello Nicholson in Il ponte sul fiume Kwai, 1957, che gli valse l’Oscar. Interprete dei personaggi più vari, dall’uomo qualunque intrappolato nell’ingranaggio spionistico di Il nostro agente all’Avana (1959) al colonnello ubriacone di Whisky e gloria (1960), Lawrence d’Arabia, 1962, di D. Lean. L’attore raggiunse la consacrazione definitiva con Guerre Stellari (1977) nel ruolo del cavaliere Jedi Obi-Wan Kenobi.

1981. Henry Fonda (16 maggio 1905 – 12 agosto 1982) Inizia a recitare in teatro e debutta nel cinema nel 1935. A Hollywood interpreta subito ruoli da protagonista, in drammi (Sono innocente, 1938), commedie (Nel mondo della luna, 1937), film d’avventura (Il falco del nord, 1938) e film storici  (Figlia del vento, 1938),  legandosi al personaggio del giovane onesto e leale, il ragazzo di buona famiglia timido ma tenace. Nel 1939 viene scelto da Ford per Alba di gloria, in cui fornisce una memorabile interpretazione nei panni del giovane Lincoln. Ford lo dirige ancora in La più grande avventura (1939), sulla guerra di indipendenza americana e in Furore (1940), tratto da Steinbeck. Con Sfida infernale (1946) ritorna a lavorare con Ford: il western porta sullo schermo la leggendaria sfida all’O.K. Corral. L’ultima collaborazione con Ford (che viene sostituito durante la lavorazione da M. LeRoy) è Mister Roberts (1955), commedia bellica con Jack Lemmon. Nel 1956 lo si vede in Guerra e Pace di  Vidor, colossale trasposizione dell’opera di Tolstoj girata a Cinecittà. Accusato ingiustamente di rapina in Il ladro (1956) di A. Hitchcock, passa dall’accusa alla giuria in La parola ai giurati (1957), dove riesce a comunicare i suoi dubbi sulla colpevolezza dell’imputato mulatto agli altri giurati, scalzandone i pregiudizi. Partecipa poi a molte produzioni tra cui Tempesta su Washington (1962), sagace ritratto degli intrighi e dei ricatti della vita politica americana, in cui  ha il ruolo di un candidato alla presidenza. Rimane nell’ambiente della politica con A prova d’errore (1964), thriller fantapolitico sull’incubo nucleare, in cui è un impeccabile presidente. Lavora con Sergio Leone in C’era una volta il West (1968) in cui interpreta un killer senza scrupoli: un ruolo negativo che ribalta la sua immagine consueta di paladino del bene. Molti i lavori anche negli anni ’70, tra cui si ricordano il parodistico Il mio nome è nessuno (1973), e Fedora (1978), film testamento di Billy Wilder.

 

1982. Barbara Stanwyck, nome d’arte di Ruby Catherine Sevens, (16 luglio 1907 – 20 gennaio 1990). Considerata una delle più grandi attrici di sempre, è famosa per avere recitato in Amore sublime (1937), Colpo di fulmine (1941), La fiamma del peccato (1944) e Il terrore corre sul filo (1948), tutti film che le valsero la nomination all’Oscar come miglior attrice. Dal 1965 al 1969 fu protagonista nella serie televisiva La grande vallata.


1983 Mickey Rooney  pseudonimo di Joseph Yule, Jr. (23 settembre 1920). Fanciullo prodigio, interpretò dal 1927 al 1934 una lunga serie di cortometraggi ispirati a Mickey McGuire, un noto personaggio dei fumetti. Divo adolescente come Puck in Sogno d’una notte di mezza estate (1935), dal 1937 per un decennio fu popolarissimo nel personaggio di Andy Hardy. Rooney approdò a una maturità più consapevole interpretando in modo eccellente il personaggio di un gangster, “Baby Face” Nelson, in Faccia d’angelo di Don Siegel del 1957, senza dubbio la miglior cosa della sua carriera. In seguito si è adattato a ruoli di caratterista, come in Black Stallion (1978) e in Erik il vichingo (1989). Dopo anni di inattività è tornato sul set nel 1999 con Babe va in città.


1984. Hal Roach (14 gennaio 1892 – 2 novembre 1992) Era uk tipico americano intraprendente, deciso a tutto pur di sfondare. Partecipa così nel 1909 a una spedizione in Alaska alla ricerca dell’oro, si adatta a svolgere innumerevoli mestieri, sempre più attratto dall’industria cinematografica nascente. La  Universal lo assume come stuntman. La sua attività di produttore comincia nel 1914, quando si trova a disporre di una eredità e per prima cosa assume come attore principale l’amico Harold Lloyd, che dirigerà in una serie di cortometraggi da un solo rullo, nei quali l’attore veste i panni di “Lonesome Luke”. Negli anni Venti firma serie di successo come le “Charlie Chase Comedies”, sull’uomo qualunque americano, “Our Gang”, serie interpretata quasi esclusivamente da bambini, e le “Dippy-Doo-Dads Comedies”, in cui appaiono solo animali. Ma il colpo più indovinato della sua carriera è quello di unire in coppia due attori già visti recitare separatamente: Stan Laurel e Oliver Hardy. Dal 1927 al 1929 Hal Roach produrrà con i due comici trentaquattro cortometraggi muti, e dal 1929 al 1940 quarantatre tra corto e lungometraggi sonori, che gli varranno un posto d’onore nella storia del cinema comico. Roach diventa il “re delle commedie”. Verso la fine degli anni Venti diversifica il suo repertorio, producendo drammi psicologici, film d’avventura, commedie musicali, riuscendo così a sopravvivere all’avvento del sonoro. Forma una generazione di registi (Leo McCarey, George Marshall, George Stevens, Gordon Douglas, Frank Capra) e di produttori (tra cui il proprio figlio, Hal jr.). Con il declino della fortuna dei film a due rulli, dei primi anni Quaranta si dedica ai lungometraggi, producendo anche film impegnati, come Uomini e topi, 1939, di Lewis Milestone. Dopo la guerra si dedica maggiormente alle produzioni televisive e alla fine degli anni Cinquanta lascia gli studi al figlio Hal Jr., ma continua a rimanere attivo fino alla fine dei suoi giorni (è arrivato al traguardo dei cento anni), supervisionando la distribuzione e la colorizzazione computerizzata dei suoi film.


1985. James Stewart (20 maggio 1908 –  2 luglio 1997) Icona del cinema, attore sia sul grande schermo che in teatro, le sue interpretazioni di personaggi dimessi lo resero celebre. Ha partecipato a molti film universalmente considerati dei classici e nominato per cinque Oscar, vincendone due, di cui uno alla carriera. Ebbe anche una notevole carriera militare nelle Forze Armate Aeree degli Stati Uniti, raggiungendo il grado di Generale di Brigata. Nato ad Indiana, vicino Pittsburgh, intraprese la carriera di architetto prima di essere attratto dal teatro alla Princeton University. Il suo primo successo come attore arrivò a Broadway, prima di debuttare ad Hollywood nel 1935. La sua carriera prese lo slancio grazie ai film di Frank Capra, il suo ruolo in Mister Smith va a Washington gli valse una candidatura all’Oscar. Stewart ebbe una carriera versatile ed un volto riconoscibile sullo schermo in classici come Scandalo a Filadelfia, Harvey, La vita è meravigliosa, Nodo alla gola, La finestra sul cortile e La donna che visse due volte. Il pubblico americano, per la sua popolarità, si riferiva a lui con l’affettuoso nomignolo Jimmy. Stewart dimostrò la sua versatilità in un ampio numero di generi cinematografici, fu protagonista di commedie, western, biografie, thriller e film per famiglie. Lavorò per parecchi registi rinomati, tra i più importanti Alfred Hitchcock, John Ford, Billy Wilder e Anthony Mann. Vinse molti dei premi maggiori dell’industria hollywoodiana ed ottenne riconoscimenti alla carriera da tutte le major. Morì nel 1997, lasciandosi alle spalle un’eredità fatta di interpretazioni classiche; considerato come uno dei migliori attori dell’Epoca d’Oro di Hollywood, fu nominato terza più grande star maschile di tutti i tempi dall’American Film Institute.

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