Parola di Dio. Il potere del fanatismo

Il nostro parere

Parola di Dio (2016) RUS di Kiril Serebrennikov

Inquietante visione della Russia di oggi che allarga lo sguardo al male profondo insito nel fondamentalismo religioso. Veniamin, uno studente liceale, comincia a sproloquiare citando passi della Bibbia contro la scuola, i compagni, i costumi lascivi e i comportamenti. In modo particolare, la sua veemenza si scaglia contro l’insegnante di scienze, desiderosa di fargli capire come molte delle citazioni espresse siano in palese contrasto con la ragione scientifica e la logica. Invece di essere supportata, la donna comincia ad essere isolata sul lavoro. Il ragazzo viene prima blandito poi invitato a rientrare nella moderazione, ma nessuno ha il coraggio di rispondergli correttamente. La preside dell’istituto, alcolista e vacua, mette addirittura sullo stesso piano la teoria dell’evoluzione con i passi della bibbia, smentendo l’insegnante. Veniamin non si limita a questo, però, cominciando ad esercitare una pericolosa influenza su un compagno. Tutto attorno un mondo senza alcun valore, interesse o sentimento: un deserto emotivo che agghiaccia.

Serebrennikov non si limita a girare un ritratto dell’orrore del fondamentalismo, ma descrive sottilmente il vuoto assoluto della Russia contemporanea. Si cerca di giustificare lo stalinismo nel tentativo di valorizzare il ruolo di Putin. Il regista, in pratica, ci racconta di come la mistificazione della realtà, l’interesse per il contingente e la ricchezza senza alcuna moralità creano mostri, accusando in modo implicito il regime Putiniano di aver contribuito a questo sfascio in modo determinante. Chi cerca di mantenere salda la rotta, difendendo i valori viene emarginato. Il compagno della professoressa, interessato solo allo sport e al proprio aspetto fisico (il machismo, altro male del putinismo), la abbandona perché contesta il ragazzo, preferendo invece disinteressarsi degli aspetti oscuri del suo comportamento, considerando la scienza, la difesa dei diritti, orpelli inutili.

Tutti i personaggi si aggirano disperati senza orizzonti. I giovani studenti praticano la violenza sui più deboli (altra metafora del giorno d’oggi), non provano sentimenti amorosi per i coetanei ma solo istinti, non hanno un futuro, un interesse. Solo Veniamin ha un obiettivo ed è la distruzione di tutto, la limitazione di ogni libertà, la dittatura in una forma altrettanto mostruosa quanto quella che ha praticato Stalin.

Il film inquieta e disturba per la sua natura profonda, ma risente della recitazione abbastanza debole. Il testo, eccessivamente didascalico in alcuni momenti, limita l’immagine e la rende troppo schiava, soprattutto nella raffigurazione dell’insegnante, troppo prigioniera di alcuni cliché (possibile non abbia un minimo di criterio pedagogico nell’approccio al ragazzo?). Il cinema è forma, non solo testo e da questo punto di vista Serebrennikov è meno convincente.

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