Parasite – Marcia trionfale

Il nostro parere

Parasite (2019) SKOR di Bong Joon-Ho

Ki woo viene da una famiglia povera e, tuttavia, molto unita. Quando un suo amico gli propone di sostituirlo come tutore del figlio di un ricco magnate, il ragazzo riesce a procurare un lavoro anche alla sorella usando la propria arguzia.
Il film che ha vinto tutto. Parasite ha trionfato a Cannes e poi ha raccolto premi in tutto il mondo fino al successo imprevisto agli Oscar dove ha fatto il pieno vincendo sia nella categoria di miglior film in lingua straniera che in quella di miglior film in assoluto. Mai accaduto prima!

Certo, Parasite non si presenta come il classico film hollywoodiano ma i gusti sono cambiati anche in America e la geometrie variabili di Bong hanno entusiasmato tutto il mondo con una messe di premi straordinari. Il tema? Le differenze sociali ma sarebbe banale ridurre solo a questo un film che lavora in profondità contrapponendo ambienti e odori, parole e azioni.
I ricchi vivono in ville enormi, impersonali e esteticamente raffinati, profumano, vivono in modo etereo la loro superiorità, falsamente accondiscendenti verso chi è meno fortunato, ma pronti a perdere ogni forma di umanità al momento opportuno, presi da un egoismo insaziabile. I poveri vivono in basso, negli scantinati o nei sotterraneri, puzzano ed il loro puzzo gli resta attaccato come una seconda pelle, vivono di espedienti, anzi sopravvivono di espedienti e il poco che hanno lo contendono con rabbia agli altri poveri.
La lotta di classe non si pone come obiettivo la parità ma la sostituzione, l’imitazione dei ricchi. Per Bong, però, non c’è possibilità di redenzione per nessuno. Siamo condannati ad essere prigionieri ed il regista non perde occasione per disseminare metafore che ribadiscono questo concetto.

Dopo una prima parte che ricorda una commedia in cui la famiglia di Ki Woo si dimostra abilissima ad entrare nella vita dei ricchi proprietari, la seconda parte è un colpo di scena notevole in quanto cambia totalmente la prospettiva dell’opera, modificandone il ritmo ed il significato. Ecco che il sorriso si trasforma in un ghigno tra l’orrore e il disgusto e l’empatia con i personaggi deve fare i conti con lo sdegno e il disgusto.
Bong ci distanzia dai personaggi in modo violento, costringendoci all’esterno dello schermo in uno spazio tra la contemplazione e la riflessione per capire cosa di noi è rimasto nelle immagini.

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