Mia (2023) ITA di Ivano De Matteo
Quando una ragazza quindicenne, aiutata dal padre, riesce ad allontanarsi da un ragazzo manipolatore che ha distrutto la famiglia, e ricominciare a vivere, il ragazzo decide di distruggerla. Al padre, quindi, rimane solo una cosa, ovvero la vendetta.
Lo sguardo indagatore di De Matteo si posa ancora sulle devianze, le increspature della vita borghese, gli episodi che scatenano l’inferno in una famiglia che è il luogo dove si ripercuotono le contraddizioni di oggi, la difficoltà di vivere, i rapporti sociali malati.
Ancora una volta genitori che devono affrontare una tempesta morale, la fragilità dei propri figli che si trasformano di volta in volta carnefici o vittime. E vittima è Mia, una ragazzina che si trova ad affrontare qualcosa cui non è preparata, pronta ad affrontare un amore tossico, la sopraffazione del male.
Tutta la famiglia di Mia è coinvolta nel crollo, nella distruzione del proprio equilibrio, senza nessuna speranza lasciata allo spettatore che deve prendere atto della sparizione dei valori morali. Quello che è più riuscito, infatti, nel film è la descrizione dell’orrore senza alcuna forma di redenzione che occupa la mente di Marco, il carnefice di Mia, e questa è una presa d’atto di ciò che accade quotidianamente sotto i nostri occhi, svelati occasionalmente dai casi che balzano in cronaca. Intorno non c’è nulla che consoli, nulla che possa autorizzare a sperare in una rinascita etica.
Il ritratto impietoso di De Matteo è retto con una forte tensione che sale gradualmente, dosando i personaggi e cercando di individuare una via antiretorica per narrare un vero dramma. Edoardo Leo si conferma come attore drammatico convincente come già era accaduto in La Dea Fortuna di Ozpetek. Uscito dal cono d’ombra delle sue commedie (piacevole ma spesso ripetitive), si cala nel personaggio con un’adesione assoluta, una disperazione sincera.