L’uomo di neve. Chi uccide tra i fiocchi?

Il nostro parere

L’uomo di neve (2017) USA di Tomas Alfredson

Harry Hole è un detective, con la dipendenza dell’alcol, che indaga su un assassino che firma i suoi omicidi decapitando le vittime. Durante le indagini troverà sulla propria strada Kateine Bratt, una giovane poliziotta decisa a vendicarsi dell’industriale Arve Støp con cui ha un conto in sospeso. Sullo sfondo la vicenda si intreccia con un caso di molti anni prima mai del tutto risolto.

La traduzione del romanzo di Jo Nesbo avviene per opera di Alfredson, specialista di riduzioni poichè aveva portato sugli schermi sia Millennium di Larson che un’opera di Le Carrè, La talpa con un certo rigore e con particolare efficacia. Quest’ultima fatica appare disomogenea nonostante un’ambientazione inquietante e l’interpretazione di Fassbender che aderisce al personaggio con intensità.

Se la fotografia è l’aspetto positivo, lascia invece a desiderare la sceneggiatura piena di buchi narrativi, di salti illogici che fanno pensare ad un intervento insensato in sede di montaggio da parte della produzione per abbreviare la durata. Questo spiegherebbe molto e toglierebbe responsabilità al regista. Alcuni aspetti, infatti,  vengono lasciati cadere improvvisamente senza alcun senso (il grande imprenditore interpretato da J.K. Simmons che significato ha?). Personaggi vanno e vengono (il detective di molti anni prima?) con poche e nulle spiegazioni. L’assassino diventa, ad un certo punto, individuabile poichè è l’unico che resta in campo.

Tuttavia, Alfredson azzecca altri passaggi con scene girate con lucidità e senso dell’immagine.

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