Matrix resurrection (2021) USA di Lana Wachowski
Afflitto da strani ricordi, la vita di Neo prende una svolta inaspettata quando si ritrova all’interno di Matrix, ma non ne è consapevole. Questo cambia quando un uomo entra nel mondo di Neo per fargli capire che la realtà in cui vive non è reale.
Ci si ricorda del carattere visionario della prima parte di Matrix, in cui i Wachowski costruivano una critica radicale all’emergente potere dell’intelligenza artificiale, degli spazi virtuali e il loro orientamento affine al capitalismo. Ci si ricorda di coreografie d’azione innovative e intuizioni fortissime come macchine da combattimento umane galleggianti che trasformavano i proiettili in gocce di pioggia. E poi vengono alla mente anche che le parti due (Matrix Reloaded, 2003) e tre (Matrix Revolutions, 2003) trasformate in un nirvana pastoso e già poco comprensibile che sfociava in una visione cristologica legata alla figura di Neo
Dopo circa mezz’ora, i presagi diventano realtà e tutto ciò che poteva andare storto va storto. Perché dopo un’apertura anche ironica, assistiamo a un noioso remake della prima parte, in cui ogni sequenza cita la prima parte di Matrix, ma stavolta con personaggi statici. I proiettili cadono di nuovo come gocce d’acqua, Neo salta di nuovo sulla moto di Trinity ma questa ripetizione affoga nella completa autoreferenzialità.
Anche l’estetica e la coreografia non aiutano, perché tutto ciò che i Wachowski hanno sviluppato in modo innovativo all’epoca è ora un noioso standard di successo d’azione che è stato copiato, citato e messo in scena migliaia di volte. E soprattutto meglio.
Perché le scene d’azione in particolare – oltre ai dialoghi lunghi e ridondanti – sono noiose. Tutto è ancora seriosamente trascendentale, fluttuante, rallentato: troppo tutto. E questo tutto porta ad un film lungo, rumoroso, serio e sopravvalutato.