La figlia del capitano. Camerini dalla commedia al Kolossal

Il nostro parere

La figlia del capitano (1947) ITA di Mario Camerini

Camerini è il regista degli umili, capace di raccontare il popolino durante il fascismo con toni anche edulcorati ma mai banali. Lo fa anche quando si cimenta in un presunto Kolossal ispirato a Puskin, onusto di finanziamenti per il cast e le scenografie.

Alla fine, i sentimenti semplici dei protagonisti sono più centrati del ritratto sociale della Russia di metà settecento, più del possibile miraggio del trovare somiglianze (come hanno fatto molti altri) con la realtà del ventennio e dell’Italia postbellica, più della spettacolarità delle scene d’azione.

Il melodramma storico, però, non si attaglia a Camerini anche perché non è aiutato da due attori (Danova e Irasema Dilian) abbastanza anonimi ed enfatici. Enfatiche sono anche le caratterizzazioni di Aldo Silvani, Ave Ninchi ed Ernesto Almirante. Meglio il cattivo Vittorio Gassman e molto meglio il vero eroe dell’opera: Amedeo Nazzari. Egli interpreta il famoso ribelle Pugacev con una recitazione d’antan, ma i suoi occhi fiammeggianti sono il momento davvero forte di un’opera complessivamente debole.

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