Jack Reacher. Punto di non ritorno (2016) USA di Edward Zwyck
Dura superare lo scoglio dei 50 per molti attori. Non basta il bisturi o il botox, non basta neppure tenersi in perfetta forma. Se non hai saputo costruire una carriera al di fuori dei film di azione le storie adatte a te diventano sempre più rare. Così è anche per Tom Cruise. In effetti, il nostro Tom ha cercato di differenziare e in modo significativo il suo impegno interpretando capisaldi come Magnolia, Collateral o Nato il 4 di luglio. Eppure, il pubblico (o il suo ego) lo ha sempre accomunato ai vari Mission Impossibile o giù di lì. E’ probabile, però, che l’attore si senta più a suo agio solo in un genere e fatichi a ritagliarsi altri ruoli. Allora preferisce rifugiarsi in storie stereotipate e personaggi con il carisma affievolito perché gli sceneggiatori, i registi sono sempre gli stessi, quelli che rassicurano la star e non la spingono a dare il meglio di sé.
Jack Reacher è il classico prodotto che rientra in questi canoni. L’ex militare, duro di cuore (ma non tanto) e implacabile nella ricerca di giustizia è un personaggio solido ma unidimensionale che ha già il destino facilmente prevedibile. I personaggi di contorno sono scialbi, inesistenti, funzionali a non mettere mai in ombra il divo che non accetta più ombre. Il film è professionale ma senza accenti, toni e picchi. E il pubblico, fin troppo scafato rispetto al genere perché ne ha visti a quintalate (I mercenari, John Wick ecc. ecc.), lo trasforma in un film mordi e fuggi, buono da vedersi sul divano di casa ma non per muoversi fuori da casa. Davvero Cruise vuole finire così?