Il colibrì (2022) ITA di Francesca Archibugi
Dagli anni Settanta al futuro prossimo, Marco Carrera, detto ‘il colibrì’, conduce un’esistenza fatta di amori assoluti, perdite e coincidenze, vissute attraverso una miriade di relazioni.
Tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, il film narra il potere dei ricordi, che permettono salti nel tempo in una trama liquida, fluida e coinvolgente. La regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi costruisce una storia di amore platonico e devozione familiare, che emoziona e commuove grazie alla profonda sensibilità e profondità dovute anche all’interpretazione di Favino.
Il film affronta temi importanti come la salute mentale, la rottura dei tabù e mostra l’importanza del dialogo e dell’empatia per affrontare le difficoltà. Archibugi usa l’immaginazione dei personaggi come uno strumento importante per mostrare come la realtà sia spesso deludente.
Il cast è ottimo. Pierfrancesco Favino riesce a trasmettere l’ingenuità e la gentilezza del personaggio, che si discosta dall’immaginario comune dell’uomo virile. Kasia Smutniak offre anche una performance forte e completa, dando vita a Marina e alla sua ricerca della felicità in un mondo che non le consente la libertà di seguire i propri sogni.
La regia di Francesca Archibugi è abile nel ricucire epoche e memorie diverse, mantenendo un ritmo che trattiene l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine. Insieme al direttore della fotografia, Fabio Cianchetti usano toni morbidi e delicati che si alternano tra l’onirico e il reale, dando allo spettatore la sensazione che a volte i personaggi vivano le loro più grandi paure nella realtà dello schermo. Da segnalare anche la colonna sonora di Franco Piersanti, in quanto la musica è utilizzata con delicatezza ed efficacia per enfatizzare le emozioni dei personaggi e creare un’atmosfera coinvolgente ed emozionante.
