I migliori giorni (2023) ITA di Massimiliano Bruno e Edoardo Leo
Vediamo i rapporti umani durante quattro diverse festività: Natale, Capodanno, San Valentino e 8 marzo, trascorsi fra disagi, vendette, avventure extraconiugali e cene piene di malintesi.
Il film a episodi ha avuto grande fortuna in passato nel cinema italiano. Periodicamente ritorna come struttura con alterne fortune in opere (normalmente commedie) che cercano di ritrarre la società italiana come è riuscito solo ai Mostri di Dino Risi. E mostri sono anche diversi personaggi che animano la scena di questo film che si ispira alle festività per legare i diversi episodi tra di loro.
Il legame è però abbastanza tenue, tant’è che il vero trait d’union è la romanità della maggior parte dei protagonisti, il che limita notevolmente il desiderio di rappresentare una nazione. La scrittura dei quattro cortometraggi è decisamente impostata sull’idea dello sketch, prendendo spunto da personaggi e modelli che gli attori hanno più volte presentato. Questo limita l’impatto della critica sociale lasciando invece spazio al protagonismo degli interpreti che sono efficaci al netto di un testo che poco li sostiene in fatto di originalità e sviluppo.
I primi due episodi sono decisamente sopra le righe, esagerati, per essere credibili ed avere una forza contenutistica. Si gioca sulla facile contrapposizione, sui personaggi esagerati che servono solo ad arrivare ad un finale stanco, esattamente come il secondo dove lo scontro tra ricchi e poveri diventa un banale esercizio di volgarità e ovvietà. La storia di S. Valentino è quella meno riuscita. Il quadrilatero amoroso agisce su binari macchiettistici senza un reale approfondimento dei personaggi. Diversa è, infine, la parte finale dove i dialoghi assumono risvolti interessanti e si ha il coraggio di esprimere qualcosa di più.
Purtroppo, la tirata moralistica, la necessità di inserire lo spiegone per il pubblico (sia mai non capisca la coscienza sociale degli autori) e la tendenza a ricercare il finale consolatorio, soprattutto quando si tratta di famiglia, appesantiscono un’opera che poteva essere di più.