Gli abbracci spezzati – Alla cieca

Il nostro parere

Gli abbracci spezzati (2009) SPA di Pedro Almodovar

In un incidente d’auto avvenuto quattordici anni prima, lo sceneggiatore Harry Caine ha perso la vista e la donna amata, Lena. Da allora la sua vita non è stata più la stessa, nonostante l’aiuto della sua amica e direttrice di produzione.

Pedro Almodovar propone un film voluttuoso, ricco di colori primari, utilizzando Penelope Cruz come Hitchcock poneva Kim Novak al centro delle immagini, un’ossessione che ha molto a che fare con il vedere.

Il rosso è il colore predominante, presente nei vestiti, nell’arredamento, dovunque è possibile, comprese le labbra della Cruz intinte nel rossetto. E il rosso è il colore della passione, del sangue che purtroppo caratterizza l’opera capace, in alcuni momenti, di diventare genialmente metacinema richiamando una delle opere più famose del regista spagnolo (Donne sull’orlo di una crisi di nervi).

Se il colore è l’aspetto visivo, l’ossessione è la vista. Harry è cieco, ha perso l’organo che usava per dirigere, per lavoro ma è la mente che gli impedisce di andare oltre, dolore dovuto alla perdita. All’inizio chiede ad una donna di descriversi, alla fine rimette mano al montaggio perchè, liberato dal fantasma del passato, può finalmente “vedere” il film nonostante la cecità. Tutti, suggerisce il regista, siamo ciechi se non possiamo mettere insieme i pezzi della nostra vita.

Dicevamo del metacinema che Almodovar mette in scena ma in realtà è molto di più. Ci sono quattro film all’interno di questo: il film di Martel nelle due versioni, il video di Ray X ed infine l’opera di Almodovar stesso che si immerge nell’autocitazionismo senza mai perdersi, anzi omaggiando l’essenza stessa dell’arte cinematografica.

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