Esterno notte – Il delitto Moro

Il nostro parere

Esterno notte (2022) ITA di Marco Bellocchio

Aldo Moro viene rapito dalle Brigate Rosse sulla strada per il Parlamento e da quel momento comincia una lunga prigionia. Cinquantacinque giorni dopo viene trovato il suo cadavere in un’auto, a Roma, a metà strada tra le sedi dei due partiti.

Il rapimento e l’omicidio di Moro tornano ancora nel cinema di Bellocchio con questa serie TV (ma è ovviamente un’opera unica di 6 ore) che vuole raccontare gli avvenimenti da diverse visuali. Tutto questo è raccontato in modo assolutamente drammatico, ma con mano leggera grazie agli inserti onirici che permettono al regista di immaginare un’altra realtà, una nuova definizione di quanto accaduto con estrema libertà.

La serie inizia con Moro ricoverato in ospedale in una scena onirica che insinua subito le interpretazioni complottiste che hanno, come noto, più di un fondamento. Le categorie politiche e storiche che qui si intersecano e confondono sono sviluppate a fondo in una narrazione diacronica ma fluida. Gli eventi, infatti, si susseguono ma riprendono dopo ogni puntata da un altro versante arricchendoli di particolari e mostrandoci una nuova interpretazione.

Bellocchio, infatti, naviga in un vortice di personaggi noti quali Cossiga, Paolo VI, Andreotti, Zaccagnini, Leone. I rimorsi di coscienza del ministro dell’interno sono sommovimenti simbolici dell’intera classe politica raffigurata come fredda, ipocrita ed imbelle. Che il politico bugiardo sia un effetto di una società malata si vede nel confronto con le lettere disperate scritte da Moro che vengono rimbalzate cinicamente sui giornali come le parole di un pazzo, svuotandole di ogni forza. Il ruolo della religione è riconoscibile come fondamento di quegli anni ed è rappresentato dalla figura di Paolo VI, quasi morente ma immerso anche lui nel magma delle convenienze, costretto a negare il suo sostegno ufficiale alla trattativa. I brigatisti recitano i loro slogan rivoluzionari come se li avessero imparati a memoria, senza riuscire a incarnarli in modo credibile. La tragedia politica si trasforma anche per loro in un dramma personale.

Bellocchio ha spesso usato il nucleo familiare come microcosmo della società. In questo caso la famiglia è più ampia, ma vi è anche il ritratto della moglie Eleonora e della tenerezza della coppia distrutta, del dolore di chi amava l’uomo Moro. L’interazione tra i diversi personaggi (famiglia, politici, BR, lo stesso prigioniero) non fornisce risposte definitive rendendo ma la regia sa rendere struggente ed esemplare la vicenda storica.

Vanno necessariamente citati gli interpreti, in prima fila Fausto Russo Alesi e poi Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo e una convincente Daniela Marra.

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