Cappello a cilindro. L’eleganza.

Il nostro parere

Cappello a cilindro (1935) USA

Si tratta di un grande classico, imperdibile per chi vuole conoscere il musical e per chi ama la più grande coppia della danza nella celluloide: Fred Astaire e Ginger Rogers. Astaire è stato senza ombra di dubbio il simbolo dell’eleganza, sia nei movimenti di danza che nel sapersi muovere all’interno di una pellicola. Quando, proveniente dal vaudeville, arrivò ad Hollywood diventando una stella impose il suo stile, le sue coreografie dicendo che “non deve ballare la macchina da presa, devo ballare io”. La macchina lo accarezza mentre lui riempie, come nessun altro, la scena.

Cappello a cilindro è una commedia garbata e piacevole senza alcuna pretesa. Inutile sottolineare le incongruenze narrative (una fintissima Venezia in cui a febbraio/marzo si nuota e si cammina in costume da bagno di giorno, mentre di sera si gira con cappotto e sciarpa basterebbe) perché l’unico compito del regista, il bravo Mark Sandrich, è accompagnare i numeri musicali senza interferire con il magnetismo dei due ballerini.

Ci sono, però, alcune scene molto belle. Lo spettacolo teatrale di Jerry (Astaire) è preso pari pari dall’esperienza in teatro del protagonista, ma la scena finale con danza di gruppo è frutto della bravura di Sandrich (bellissima la ripresa dal basso con la gonna che si solleva a mo’ di sipario. Da ricordare uno dei caratteristi più importanti degli anni ’30, Edward Everett Horton, splendido.

Il film riceve tre stelle per il suo valore cinematografico, ma ne meriterebbe di più per la significatività nella storia. Da questa pellicola si costruisce un mito che ha resistito tanti anni; da questa pellicola ci sono state tramandate diverse canzoni mitiche: Cheek to cheek e, appunto, Top Hat.

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