Brado – Padre e figlio

Il nostro parere

Brado (2022) ITA di Kim Rossi Stuart

Un figlio che non vuole più avere niente a che fare con suo padre, si trova costretto ad aiutarlo a mandare avanti il ranch di famiglia, dopo che questi si è fratturato alcune ossa.

Brado è la terza esperienza registica di Kim Rossi Stuart che interpreta, come suo solito, uno dei protagonisti tracciando un personaggio discutibile ed imperfetto, dotato di sentimenti profondi che non trovano mai il modo di essere espressi condannandolo alla solitudine, alla fragilità dei rapporti sociali. La location, particolarmente inusuale, completa un quadro in cui gli esseri umani sono tutti allo stato “brado”, ovvero selvaggi ed irrequieti.

Il merito registico sta nelle scelte scomodo compiute, nella decisione di non far nulla per accattivarsi il pubblico, per la  volontà di ritrarre personaggi scomodi e spigolosi, tutt’altro che attrattivi. La natura descritta è una terra di confine, quasi respingente, disabitata. E’ il maneggio il protagonista assoluto, il luogo da cui ci si vuole allontanare ma che trattiene irresistibilmente.

Tratto da un racconto dello stesso regista, il film ha una conclusione quasi inevitabile. Il dramma del rapporto familiare deve trovare necessariamente un momento catartico di incontro e di comprensione, pur nel dolore del distacco. In questa sua inevitabilità sta forse il difetto di una regia essenziale e scomoda, ma forse un po’ respingente.

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