Blackhat. Cyberguerra

Il nostro parere

Blackhat (2015) USA di Michael Mann

Michael Mann è probabilmente il più grande regista “classico” vivente. Ogni sua opera va studiata al microscopio per comprendere la grandezza dell’immagine, la potenza dei contenuti. Qualche volta, e questo è il caso, ha mancato la mira, ma anche quando il film gli sfugge di mano per la parte contenutistica (vedi Miami vice), riesce a dare un ritmo imponente in cui l’azione, il movimento diventano linguaggio cinematografico puro.

L’accoglienza ai botteghini è stata purtroppo pessima e la stroncatura dei critici ha affossato il film definitivamente confinandolo in un angolo oscuro. La trama è ambientata negli ambienti della cyber-criminalità, di Internet e della tecnologia da nuovo millennio. Un pericoloso hacker fa esplodere un reattore nucleare a Hong Kong e ruba settanta milioni di dollari in Borsa negli Stati Uniti. Cina e America organizzano una task force, capeggiata da un ufficiale di Pechino specializzato in informatica. Per inseguire questo misterioso personaggio viene liberato dal carcere Nicholas, un suo vecchio compagno di studi, anch’esso hacker. Nicholas si innamorerà, ricambiato, della sorella dell’agente cinese, anche lei bravissima con i computer. Il nemico è spietato, però, e usa un killer altrettanto crudele e senza scrupoli.

Il linguaggio tecnico, il confuso inseguimento cibernetico della prima parte, la fissità dei protagonisti (vero punto debole del film) rendono problematico il coinvolgimento che poco alla volta riconquista il pubblico quando dal gergo informatico si passa alla pura azione, alle parole si sostituisce l’adrenalina (nessuno sa girare sparatorie come lui). Qua la mano del maestro si avverte pienamente. I suoi personaggi si confrontano con una realtà impietosa che inevitabilmente li ferisce. Tutto questo avviene in modo imponente grazie al montaggio delle scene d’azione, alla fotografia che immortala in digitale la notte senza luci di scena. Ecco, perchè quando estrae un happy end, dopo averci fatto intravedere la profondità dell’angoscia di un mondo immerso nel male e nel senso della sconfitta, si resta nuovamente perplessi.

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