Prepotenza (L’intervallo, di Leonardo Di Costanzo)

di Gianfranco Angelucci

Veronica è una ragazzina di 15 anni che viene rinchiusa a forza nelle stanze vuote di un edificio semidiroccato, perché è ribelle e si è infatuata di qualcuno sgradito al capo camorra del quartiere, Bernardino, che ha deciso di piegarla al suo volere. Mini shorts, stivaletti alla caviglia e maglietta attillata su un fisico non proprio da modella, la ninfetta possiede due occhi assassini da Cleopatra, e posa a donna vissuta. Salvatore è alto grosso e ciccione, vende granite di limone spingendo un carrettino a mano ed è stato strappato al suo lavoro per controllarla, senza neppure sapere perché; un guardiano mite, fuori posto, abituato a obbedire e stare zitto. Vittima e carceriere chiusi insieme in quella prigione fatiscente, con una bottiglia d’acqua e un solo panino che presto fraternamente dividono per fame. Lei deve fare pipì, ma non vuole uscire all’aperto nella sterpaglia: “Mi puncica, ti sei dimenticato che so’ ‘na femmina?” Lo schernisce.

Dopo l’iniziale ostilità della reclusa, i due adolescenti accorciano le distanze per bisogno di compagnia e per far passare il tempo. Parlano, si confidano, esplorano gli ambienti ingombri di calcinacci, il giardino inselvatichito dall’abbandono ma rigoglioso come una jungla sotto il sole estivo. Trovano una barca sfondata negli scantinati, ci si siedono dentro e vagheggiano avventure impossibili. Lui vorrebbe diventare uno chef; lei più irrequieta aspira a un futuro abbagliante, “qualcosa che non esiste ancora sulla terra”. Le ore scorrono; ogni tanto gli sgherri si presentano al cancello, chiuso col lucchetto, per assicurarsi arroganti e minacciosi che tutto vada bene. Sul far della sera arriva il capo temuto, Bernardino, che ha l’aspetto di un ragionierino con gli occhiali e i modi melliflui. La ragazza ha preso di nascosto dallo zaino di Salvatore il punteruolo del ghiaccio, decisa a difendersi a oltranza: ma all’atto pratico non sa usarlo, non vuole. Le conviene accettare le attenzioni del boss, che infatti la ammansisce e se la porta via sullo scooterone. Salvatore, liquidato con cinquanta euro, riprende il carrettino delle granite e torna a casa. La prepotenza ha avuto fatalmente la meglio su due creature innocenti e disarmate. Lo skyline notturno di Napoli mostra una metropoli che dietro le mille luci nasconde un ventre infetto.

“L’intervallo”non è un capolavoro, sgombriamo subito il campo dai soliti equivoci all’italiana. Ma è un film onesto, che non pretende di essere nulla più di ciò che mostra. Leonardo Di Costanzo, regista cinquantenne nativo di Barano d’Ischia con ottima esperienza di documentarista in Francia, dimostra indiscutibili capacità; prima tra tutte di saper dirigere gli attori e poi di possedere i tempi giusti. Ecco allora che i pochi euro impiegati nel progetto brillano come dobloni d’oro. La storia è stata girata utilizzando le stanze deserte dell’ex Ospedale psichiatrico “Leonardo Bianchi”, alla Calata Capodichino, una delle tante strutture dismesse della città; e si svolge nell’arco di una giornata rispettando l’unità di luogo, di tempo e di azione del canone aristotelico. Le riprese sono state effettuate con la macchina a mano e a luce naturale, tranne alcuni indispensabili rinforzi per le sequenze notturne; e l’eccellente fotografia di Luca Bigazzi è espressiva senza mai prevaricare il sentimento della narrazione. Il soggetto funziona, i dialoghi suonano spontanei, naturali; e per di più sono ben incisi dal bravo fonico Christophe Giovannoni. Merito non da poco con questa sciatta tendenza a colonne sonore incomprensibili; vedi il film con Valerio Mastandrea “Gli equilibristi”, di Ivano De Matteo, in cui il riverbero della presa diretta gratta via le voci già farfugliate degli attori. Francesca Riso e Alessio Gallo, i due giovani interpreti provenienti dalla scuola del Teatro Stabile di Napoli, sono credibilissimi, di un’intensità rara; parlano in napoletano stretto tradotto nei sottotitoli. Alla produzione partecipa anche la Cineteca di Bologna, ormai in prima linea nell’appoggiare e promuovere il cinema di qualità.

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