Inside man

Il nostro parere

Inside man (2006) USA di Spike Lee


Quattro uomini e una donna vestiti da imbianchini fanno irruzione alla Manhattan Trust e prendono in ostaggio una cinquantina di persone tra clienti e dipendenti della banca, costringendoli a indossare delle tute e delle maschere. L’investigatore Keith Frazier ha il compito di negoziare con il capo.


Lee orchestra l’azione come un classico film poliziesco degli anni Settanta. Inside Man potrebbe essere un ritorno al passato; l’eccitazione pulsante qui non è un sottoprodotto digitale. Lo avverti nella autenticità delle location di Manhattan, nella morsa serrata del montaggio di Barry Alexander Brown e nel gioco di luci e ombre minacciose nella cinematografia di Matthew Libatique. Il film inciampa su troppe sottotrame per via della sceneggiatura di Russell Gewirtz che avrebbe avuto bisogno di qualche aggiustamento. Nascosto all’interno della struttura contorta di questo thriller, c’è un cupo racconto morale sul potere, la corruzione e la coscienza, in cui la caduta di un uomo è sottilmente parallela all’ascesa di un altro in modo tale che diventa impossibile dire cosa è buono e cosa è cattivo o per evitare l’impatto del cinico doppio taglio del finale, esponendo come fa il peccato dentro ogni uomo.

Spike Lee trova però così tanti dettagli interessanti che spazia oltre la semplice trama, offrendo uno sguardo al mondo esterno, vedi la scena che coinvolge un ragazzino e il suo videogioco o il sikh accusato di essere un terrorista arabo.

Le interpretazioni sono di prim’ordine; Denzel Washington è convincente anche quando ha poco di cui essere convincente, e Jodie Foster è intelligente e dura.

Inside Man è l’apoteosi del suo genere, affinando il topos dell’assedio rapina con intelligenza e ritmo, precisione e arguzia.

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