In fondo al bosco (2015) ITA di Stefano Lodovichi
Un bambino scompare nel nulla durante una festa popolare nella val di Fassa. Il padre viene indicato come possibile assassino ma tutto si conclude nel nulla. Cinque anni dopo viene trovato un bambino che risulta essere lui, ma il suo ritorno non provoca gioia nella coppia. I due genitori, infatti, sono separati in casa, impossibilitati a dialogare tra loro. Mentre il padre si sforza di riallacciare il rapporto con il bambino, traumatizzato di chissà quali esperienze, la madre lo rifiuta, spalleggiato in questo dal nonno, convinto che il ragazzino sia il diavolo.
Lodovichi propone un’opera convincente, molto d’atmosfera in cui regna un forte equilibrio. Il cast d’attori supporta bene lo script, segnato da un’aura cupa, da un’oscura concentrazione di malesseri e paure. Ne risulta un quadro forte di un luogo violento, spigoloso, che segna in modo decisivo i caratteri, la rudezza dei rapporti umani. Quello che colpisce maggiormente nel regista è la capacità di tenere alta l’attenzione facendo intuire il non detto. Si segue la vicenda, capendo confusamente che molti mentono, ma fino alla fine non si sa chi e perché.
Lodovichi, classe 1983, mostra molta maturità e si propone come una novità interessante del panorama cinematografico italiano.