Giovani si diventa. Non sempre si diventa un capolavoro

Il nostro parere

Giovani si diventa (2015) USA di Noah Baumbach

L’asticella della maturità viene posta, chissà perché, a 40 anni. Dopo averli appena superati ed essere rimasto a metà del guado (professore frustrato e documentarista irrisolto) Josh e la moglie incontrano una coppia poco più di ventenne, facendosi trascinare nelle loro iniziative. Il desiderio di recuperare la gioventù andata? La voglia di mostrare a se stessi che c’è ancora tempo prima di arrendersi? O forse la mancanza di figli che non sono mai arrivati, mentre agli amici questa sorte non è toccata? Tutte queste cose conducono Josh a fidarsi ciecamente del giovane Jamie, egocentrico ed ambizioso filmmaker. Quanto questa fiducia sia mal riposta si evince dallo sviluppo della trama che è abbastanza onesta e vivace.

Baumbach ha occhio per lo scavo dei sentimenti e riesce, insieme agli interpreti a reggere il lungo sviluppo. La parte più debole proviene dal personaggio di Jamie, troppo perfetto come deus ex machina e pianificatore. Più che un uomo sembra un computer e per questo non è così credibile. Lo sviluppo narrativo perde colpi quando si scopre che il regista batte strade consuete. Il riscatto è parziale nel finale. Si è evitato il classico happy end e ci si è concentrati sugli interrogativi che i due “adulti” finalmente cominciano a porsi.

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