Federico Fellini compie 92 anni

di Gianfranco Angelucci

Per i 92 anni di Federico Fellini, che ricorrono oggi, ci arriva tempestiva la segnalazione di Lorenzo Codelli, fondatore e vice presidente della Cineteca di Gemona in Friuli, a proposito di un libro appena uscito in America dal titolo: “Paul on Mazursky”: una lunga conversazione del celebre regista newyorkese con Sam Wasson (prefazione di Mel Brooks, Wesleyan University Press, Middleton).

Come si ricorderà Mazursky, classe 1930, era riuscito a ottenere che Fellini interpretasse un cameo nel suo secondo film Il mondo di Alex (Alex in Wonderland,1970), e da quell’occasione era nata tra loro una confidenza che si protrasse per anni. Mazursky aveva già dedicato un esilarante capitolo della sua autobiografia all’incontro avvenuto con Fellini a Roma, alla fine degli Anni Sessanta, rievocando vicende molto spassose con la sua tipica vena umoristica. Ora ritorna sull’argomento riferendo un episodio inedito di quando a Cinecittà, proprio in questi stessi giorni, stava girando La Tempesta (Tempest, libero adattamento della commedia shakespeariana). Era il 1982, dunque precisamente trenta anni fa. Ed è il racconto di uno scherzo a carico dell’attore Raul Julia, tramato da due allegri burloni con la complicità di vecchi compagni di scuola. La testimonianza serve ancora una volta a comprendere (e ricordare) quale sia il mito che Fellini ha incarnato nel mondo, un mostro sacro a cui ogni cineasta straniero che metteva piede a Roma sognava di poter rendere omaggio come ci si reca a ricevere una benedizione.  L’artista riminese, ultima grande personalità del pantheon italiano,  potrebbe ancora oggi rappresentare un’immensa risorsa di cultura e di immagine se solo il nostro Paese fosse capace di perpetuarne il messaggio.

Mazursky ci mette al corrente che per La Tempesta avrebbe voluto utilizzare il cameraman di Fellini, Peppino Rotunno. L’aveva chiamato al telefono, ma lui era stato costretto a declinare l’offerta: “Paul, mi piacerebbe molto lavorare con te, ma Federico mi ha chiamato per il suo E la nave va.” Niente da fare. Il regista di Brooklyn tuttavia non rinunciò a realizzare alcune sequenze in Italia. Ed ecco l’intervista.

–        Fellini era in girata mentre lei realizzava a Roma la Tempesta?

Le dirò tutta la storia. Avevamo costruito l’interno del cottage sull’isola, al Teatro 22 di Cinecittà. Era il teatro più grande, il Teatro di Fellini! Un giorno mentre stavo girando, ed ero proprio seduto in cima al dolly, Fellini venne sul set. Io gridai dall’alto: “Non sono ammessi visitatori, il set è chiuso. Non so chi lei sia , ma la prego di uscire!” E Fellini divertito: “Ti prego, Paolino, lascia che un misero mortale si fermi a guardare cosa stai combinando in questo teatro!” La troupe sembrava in preda alla frenesia, tutti applaudivano il Maestro; a cominciare da Raul (Julia) che aveva interpretato a Broadway “Nine”, tratto da Otto e Mezzo. Infatti non mi dava pace e ogni giorno mi domandava: “Paul, c’è una possibilità di incontrare Fellini? In qualsiasi modo.” Io prendevo tempo: “Va bene, Raul, lasciami pensare.” Volevo dargli l’opportunità ma con sotto un trucco. Chiesi a Fellini di passare in albergo a incontrare Raul, ma avvertendolo che insieme a Raul ci sarebbe stato anche Jackie Gayle, l’attore comico. Così ci mettemmo d’accordo: Fellini arrivando avrebbe rivolto un semplice ‘Salve’ a Raul, con una certa freddezza; e scorgendo invece Jackie Gayle, si sarebbe precipitato verso di lui, con mille complimenti, definendolo il comico più straordinario che avesse mai visto in tutta la vita. Federico accettò. Alcuni giorni dopo, nel pomeriggio stabilito, Raul era andato dal coiffeur a mettere a posto i capelli, si era tutto agghindato, ed ecco che la porta si apre ed  entra il Maestro, con il cappello e tutto il resto. Raul gli corre incontro sbracciandosi: “Maestro… è un piacere… un onore… “ Ma Fellini taglia corto e si dirige subito verso Jackie gridando: “Jackie Gayle, non posso crederci, che talento meraviglioso, il più grande comico vivente!” L’altro era letteralmente isterico.  Non mi tenevo più dal ridere.”

–        C’è mai stato qualche altro spunto per una nuova collaborazione con Fellini?

“Cercai di coinvolgere Fellini in un’opera a tre episodi. Ogni tanto, mentre giravo la Tempesta, accarezzavo l’idea di realizzare un film sulla “mia” Roma, una Roma-Masursky. Volevo raccontare la Roma di un ragazzo che viene dall’America per viverci. Ricostruire la lite che ebbi con mia moglie sulla scalinata di Piazza di Spagna, quando lei mi scagliò contro il portafoglio e tutte le banconote ne uscirono volando in aria, mentre dei tizi intorno a noi cantavano una di quelle belle canzoni d’amore italiane. Mi sarebbe piaciuto mettere in scena un americano che tenta di diventare italiano, ma proprio non ci riesce. La mia intenzione era che Fellini facesse la “sua” New York e magari Kurosawa la “sua” Parigi. Fellini obiettò (con accento italiano): “What would be my New York?” (Cosa sarebbe la mia New York?) Amava New York ma non riteneva di poterne fare un film perché, diceva, non sapeva neppure in che modo si pulissero il culo. Io replicai: “Va bene; ricostruisci la 42 Strada a Cinecittà, con tutti i porno shop e i anche i culi e tutto il resto, sarà la 42 Strada di Fellini!” Gli suggerii che Marcello (Mastroianni) avrebbe potuto interpretare un venditore di water closet che veniva da Roma e si trovava a New York per una convention, così una notte si aggirava a casaccio per la strada. Era tutto ciò che m’era venuto in mente.”

–        E lui cosa ne pensava?

“Non gli dispiaceva il progetto. Allora gli dissi che ero in grado di tirar su dieci milioni di dollari – buttai giù delle cifre – tre milioni per ogni singolo episodio del film. Per un po’ la faccenda andò avanti. Ci chiamavamo al telefono e ci trattenevamo a discuterne. “Ci sto pensando, ci sto pensando”, mi rassicurava lui. Ma alla fine l’affare si squagliò.

(pausa di silenzio)

Sai, non voglio prendermi in giro da solo – non credo proprio –  ma direi che abbiamo avuto un rapporto veramente stretto.”

Buon compleanno, Federico!

Ringraziamo Angelucci, amico e collaboratore del grande regista scomparso,  per il gentile omaggio e contributo. Ne siamo onorati.

 

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