I David di Donatello: la storia – 2

1981 Ricomincio da tre di Massimo Troisi

Di questo film è irresistibile la sincerità, la freschezza che pure a distanza di anni si avverte. Per quanto piccolo, per quanto privo di ambizioni questo film ha dalla sua un orizzonte più ampio della napoletanità mostrata. Forse per questo motivo ha sbaragliato la concorrenza di film di alto spessore.

1982 Borotalco di Carlo Verdone

L’anno prima aveva trionfato l’opera prima di Troisi. E’ evidente in quel periodo il tentativo di premiare i giovani autori comici nella speranza che la commedia all’italiana risorgesse “più forte che pria”.  Certamente Verdone rappresentava qualcosa di nuovo, prima che tendesse a ripetere all’infinito i suoi pregi e i suoi difetti con opere tutto sommato molto simili. Un premio forse troppo largo, ma alla carriera (e a posteriori) ci può anche stare.

1983 La notte di S. Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani

L’ultimo grande film dei due registi toscani. La scena della battaglia nel grano, il sogno, le immagini oniriche dei guerrieri antichi sono incredibili. A distanza di tanti anni le opere dei Taviani tendono a perdere qualcosa, una volta sganciate dall’attualità, ma fino a questo film la costruzione dell’immagine è ispirata, il ritmo è serrato, la grandiosità implicita.

1984 Ballando ballando di Ettore Scola

Un’intera epoca rappresentata attraverso una sala da ballo. In molti film Scola ha usato questo metodo (le storie che, negli anni, si intrecciano, in un luogo fisico fisso e, quasi, immutabile) per parlarci della sua visione antropica, del paesaggio naturale di una mediocre umanità. Film molto amato in Francia, premiato in Italia ma non particolarmente apprezzato dal pubblico.

ex aequo E la nave va di Federico Fellini

Fellini usa la storia, una finta prima guerra mondiale, per proporci una pellicola un po’ estravagante rispetto alla sua filmografia. Restano i suoi temi centrali, ma appare una straordinaria professionalità nella ricostruzione degli ambienti. Nella sua evidente finzione c’è un alone di grandezza quasi completamente scomparso nella cinematografia italiana. Alcune scene (le iniziali e le finali con lo svelamento del set) sono davvero memorabili.

1985 Carmen di Francesco Rosi

Film opera dal sapore Viscontiano. Rosi imita il suo maestro approcciandosi alla lirica con un film multicolore e appassionante.

1986 Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli

Il mondo è delle donne, dice Monicelli. E non solo lo dice, ma lo mostra mettendo in una casa un gruppo di donne forti che riescono a dare un senso alla vita, differentemente dagli uomini pasticcioni che girovagano senza concludere nulla. Le donne sono tragedia e sentimento, gli uomini solo farsa e ridicolaggine. Anche la morte diventa il modo di scomparire coprendosi di ridicolo. Cast di grandi attrici.

1987 La famiglia di Ettore Scola

Alcuni decenni della storia d’Italia vista attraverso una famiglia romana. Il loro appartamento vedono l’evolversi di una nazione nell’abbigliamento, nell’arredamento, nei modi e nei costumi mentre i personaggi invecchiano, muoiono, scompaiono dallo schermo lasciando i rimpianti e le delusioni. Film un po’ datato oggi, ma allora fece una grande impressione.

1988 L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci

Dopo aver trionfato agli Oscar Bertolucci fa il pieno anche in Italia con questo kolossal che non rappresenta certo il suo cinema migliore, ma che certamente è larger than life. La narrazione si dipana tra eccessi e lungaggini ma ci sono immagini che restano nella memoria, momenti impressionanti nella costruzione della scena.

1989 La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi

Non è la sua miglior pellicola, anzi. Non è la sua opera più ispirata, tutt’altro. Ma era il segnale che Olmi era tornato dopo la grave malattia che l’aveva colpito ed il rispetto per un artista a tutto tondo, sensibile e profondo come pochi, ha fatto il resto, conferendogli l’ennesimo premio. I difetti? Il protagonista Hauer non convince, la storia annoia in alcuni punti. I pregi? Tematiche inusuali, ricostruzione d’epoca bellissima, dialoghi talvolta illuminanti, senso dell’immagine sublime.

1990 Porte aperte di Gianni Amelio

Il film è bello, Volontè è supremo, la sceneggiatura bellissima. Bastano questi elementi per dire che si tratta del miglior film di Amelio.

1991 Mediterraneo di Gabriele Salvatores

Il nuovo cinema italiano sembrava volare grazie a Tornatore e, proprio, a Salvatores, capaci di vincere due Oscar in pochi anni. A distanza il film è un po’ ridimensionato, ripetitivo peraltro rispetto alle precedenti opere del regista. L’ambientazione ha fatto il resto, insieme ad un messaggio abbastanza scontato e alla simpatia dei personaggi. Meglio così comunque. Come disse Salvatores alla serata degli Oscar: peace is better.

ex aequo Verso sera di Francesca Archibugi

La Archibugi riceve un premio più che altro perché Mastroianni è molto bravo così come la bambina coprotagonista e l’anziana Zoe Incrocci. La regista sembra aver preso da Comencini per la delicatezza con cui tratta il mondo dei bambini, vero tema centrale delle sue prime pellicole. Poi si  è persa.

1992 Il ladro di bambini di Gianni Amelio

Film bello ma che comincia ad evidenziare le crepe della successiva produzione. A momenti davvero bellissimi, si contrappongo altri più stentati, forzati, poco sinceri. Questi aspetti qua sono marginali e consentono di poter dire che l’opera vale il premio perché commuove e colpisce.

1993 Il grande cocomero di Francesca Archibugi

Castellitto è molto bravo come la ragazzina coprotagonista. Il resto lascia un po’ perplessi anche se è difficile (se non impossibile) non essere angosciati e coinvolti quando si parla di bambini ammalati. Due i momenti top e flop. Il top è il funerale del bambino con il prete che prega strozzato “Perché Dio fai morire i bambini?” La caduta di stile che lascia basiti è il tossico che come elogio funebre ricorda di essersi fatto una dose con la madre della ragazzina. Bah.

1994 Caro diario di Nanni Moretti

Il cinema autobiografico di Moretti racconta in tre episodi il Moretti pensiero. Probabilmente si tratta del suo miglior film, a tratti addirittura simpatico. Tutti e tre gli episodi sono controllati, originali in alcuni punti mantenendo una vena surreale che scolpisce figure memorabili (lo studioso quasi eremita che riscopre la televisione impazzendo per le soap opera è davvero incredibile!) e momenti commoventi. La passeggiata sui luoghi della morte di Pasolini e l’0dissea del tumore sono grande cinema.

1995 La scuola di Daniele Luchetti

Una riflessione sulla scuola proveniente dal libro di Starnone con qualche stereotipo e forzatura, ma molto divertente soprattutto per merito di Silvio Orlando, definitivamente affermatosi proprio grazie a questa pellicola. Si tratta di una commedia briosa e abbastanza originale. Certo, non siamo di fronte ad un capolavoro, ma Luchetti riesce a sfondare presso il pubblico con questo tono lieve e speranzoso. Chissà se il futuro……

1996 Ferie d’agosto di Paolo Virzì

Questo non si può dire un film immortale, tantomeno la migliore opera di Virzì. Forse si è voluto premiare un regista emergente che mostrava virtù particolari nella commedia. Il risultato è interessante e piacevole, il tono (tipico di Virzì) restituisce l’amarezza con una punta di sorriso. Bravo Paolantoni.

1997 La tregua di Francesco Rosi

Più un premio alla carriera che al valore intrinseco del film. Rosi dirige con grandissima professionalità, così come professionali e notevoli gli attori. Resta, però, l’idea di un film nobile ma forzato, senza particolari voli, abbastanza statico e poco ispirato. Il tema è toccante e terribile, le vicende narrate strazianti, ma non c’è pathos.

1998 La vita è bella di Roberto Benigni

Con questo film (mai più ripetuto nella qualità e nell’ampiezza del successo) Benigni ha vinto davvero tutto: premi che vanno al di là dell’oggettivo valore dell’opera (certo, non un capolavoro) e dello stesso personaggio, ridimensionato negli anni successivi quando ha cercato di essere un autore a tutto tondo. La pellicola è simpatica, con buone idee di base e con un intento morale che non guasta. Buon film, insomma che non deve entusiasmare, ma neppure imbufalire. Le polemiche sul premio che ha vinto sono state spesso eccessive.

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