Cattive acque (2019) USA di Todd Haynes
Un tenace avvocato scopre un oscuro segreto che collega un gran numero di morti inspiegabili a una delle più grandi società del mondo. Mentre cerca di svelare la verità, si ritrova a mettere in pericolo la sua stessa vita.
Il cinema di denuncia civile è una branca del cinema americano importante e ormai consolidato, con prese di posizione spesso coraggiose e provocatorie. Per quanto acclarato da diversi processi, non è semplice andare contro un colosso come la Dupont per una pellicola che dimostra in modo irrefutabile il loro coinvolgimento conscio e deliberato nell’avvelenamento di milioni di persone.
Sorprende in parte trovare Todd Haynes alla guida di questo prodotto, lui abituato a film autoriali molto più liberi dal punto di vista artistico e concentrato su tematiche più intime e più personali. Nonostante la conduzione sicura dell’opera, appare infatti abbastanza fuori dal suo habitat. Le intuizioni fiammeggianti delle altre opere lasciano il posto ad uno sviluppo piano e determinato dove, utilizzando tutti i classici elementi della narrazione del genere, si limita a seguire l’iter processuale innescato da una prima apparentemente inutile denuncia.
Il film, dominato da una cappa plumbea che vuole dare il senso del soffocamento, è senza dubbio intenso e storicamente ineccepibile ma appare frenato sia negli interpreti che nei dialoghi, attenti a non uscire da una chiara impostazione in fase di sceneggiatura evidentemente blindata. In pochi momenti esce perciò la cifra stilistica dell’autore condizionata dal senso imcombente del pericolo.