di Gianfranco Angelucci
Dalla vulgata è dipinta come una bad girl, una cattiva ragazza, ma l’eroina torbida e oscura alla soglia dei quarant’anni è ormai cresciuta a dark lady. L’aspetto, la gestualità, la condotta, lo sguardo liquefatto e tormentato, riconducono a una bambina che urla da quando è nata per farsi sentire, attrarre l’attenzione, essere amata; però urla un po’ troppo per risultare simpatica. Andrebbe invitata ad abbassare i toni e dimostrare ciò che vale anche senza rompere i timpani; come ci hanno insegnato in altre stagioni in cui ai ragazzi era proibito alzare la voce, a casa e a scuola, perché le cose si ottengono facendo non gridando. Ma lei non aveva scampo, messa al mondo da due genitori sordi perché troppo presi da se stessi, dalle proprie ossessioni artistiche; e all’arte si sa non si comanda.
Lei è Asia Argento, figlia di Dario il regista dell’horror e di Daria Nicolodi, già moglie di Mario Ceroli, attrice e musa, nipote di celebri musicisti: il nonno era Alfredo Casella, compositore di alto lignaggio; la nonna Yvonne Muller Loeb, famosa pianista francese appassionata di esoterismo e di alchimia, “la strega bianca”. Asia, il cui vero nome è Aria, venuta alla luce nel 1975 nel segno della Vergine, ha ereditato questo rimescolio di talenti, con l’aggiunta di un tenace gusto per l’immagine assorbito dalla nonna paterna Elda Luxardo, brasiliana di Bahia, fotografa tra le più esaltate d’anteguerra, paragonata alla tedesca Leni Riefensthal, e pioniera in Italia del ritratto in pellicola dipinto con la luce. Asia lavora nel cinema da quando è bambina, lanciata a quattordici anni da “Palombella rossa” di Nanni Moretti.
Destinata da sempre al set, vuoi davanti che dietro la macchina da presa, ma già poetessa a sei anni, e poi cantante, scrittrice, musicista mancata solo perché i genitori hanno negato a lei le lezioni di piano concesse alle due sorelle maggiori. Ma la musica le scorre nel sangue tanto da indurla ad affermare: “E’ vero che passa dalle orecchie ma secondo me entra dagli occhi e arriva dritto alla ghiandola pineale. La musica è come una foto: la puoi vedere”. Adesso il Centro Sperimentale di Cinematografia e le Edizioni Sabinae, uno stemma araldico per le pubblicazioni di spettacolo, le hanno dedicato un libro intitolato “Asia Argento: La strega rossa” presentato al MAXXI di Roma davanti a un pubblico torrenziale e giornalisti da tutto il mondo lasciati a bocca asciutta, perché la diva, che sa come rendersi preziosa, ha rilasciato una sola intervista e niente più. Quanto c’è da sapere su di lei il lettore dovrà scoprirlo attraverso il testo esemplare di Stefano Iachetti, chiaro, informato, adorante, e da una composizione grafica (della talentuosa Lorena Canulli) che sembra già di per sé un’opera(zione) pop: formato quadrotto 30×30, carta spessa non patinata, un’esplosione elettrica di immagini al neon, didascalie in sovrimpressione, schegge, scarabocchi, colori ustionanti.
Tra le pagine serpeggia una sorta di diario intimo in cui affondare voluttuosamente le mani, ammoniti da una epigrafe scritta a mano: “Per tutti quelli che/non mi hanno saputo/ amare, per tutti/quelli che non mi/ han saputo dare,/impedito di brillare,/impedito di donare,/impedito di vivere./ Per voi che non/sapete cosa dare.” (Sono le parole che lei recita in Live Fast! Die Old!). Nel libro troviamo le poetesse che l’hanno forgiata, Marina Cvetaeva, Sylvia Plath, Anne Sexton, Anna Andreevna Achmatova, le muse del dolore e della coscienza, dell’esaltazione, della trasgressione, dell’autodistruzione, dolci e maledette perché troppo in anticipo su tutto. Come in anticipo è stata sempre Asia; che a cinque anni “per attirare l’attenzione dei genitori e sentirsi da loro apprezzata” inizia a scrivere poesie: “Chi è o chi sei,/ ho capito, sei come/ un fiore blu o/ rosso che cerca di capire più che può”. A dieci anni calca il primo set (Sogni e Bisogni di Sergio Citti), già in balia di se stessa e di ogni inquietudine del vivere, un’aspra palestra di terrore e di solitudine: “Facevo la vittima e combattevo contro il mondo perché mi sentivo rifiutata e intanto soffrivo”.
Nel libro sono trascritti i suoi racconti, il più bello è Gynéco, dove riferisce di quando a causa della spirale che si era spostata forando l’intestino, stava perdendo la vita in un ospedale francese. E il finale a sorpresa davvero non è male! Ci sono le sue poesie “filone confessionals“, i suoi disegni e graffiti che sembrano colare sangue, superstizione, spavento, incubi, stati di allucinazione. Ci sono le fotografie che ha scattato: “Mia nonna Elsa mi ha dato tanti consigli mi ha insegnato tecnicamente come si cattura la luce”. Ci sono i suoi film, interpretati con registi prestigiosi (Sofia Coppola, Abel Ferrara, Cristina Comencini, Peter Del Monte, Nanni Moretti, Gus Van Sant, Dario Argento, Olivier Assayas) o diretti da lei stessa. Il primo lungometraggio è Scarlet Diva, prodotto da papà Dario e da nonno Salvatore; poi gli altri, Ingannevole è il cuore più di ogni cosa, e Incompresa sceneggiato ancora con Barbara Alberti e presentato all’ultimo festival di Cannes tra gli osanna dei sostenitori. Storie dure, trame provocatorie, immagini dense, graffiate, aliti di Idra e di Chimera poco graditi in Italia, celebratissimi all’estero dove Asia è un’icona. Ci sono i suoi dischi (Total Entropy); e c’è la copiosa galleria fotografica, ben cento pagine a fuoco vivo sulla sua persona e sugli scatti dei set.
A conclusione la filmografia, anch’essa illustrata come è appropriato per un autore così visivo e visionario. Chi ha in mente la ragazzina del tipo “Faccio cose, vedo gente”, alcol droga e rock ‘n roll, si ricrederà di fronte a questa storia di vita servita in salsa ‘hot’. La terribile monella è ora una mamma di due bei figli, Anna Lou e Nicola Giovanni, donna impegnata sul fronte dei diritti civili e della libertà dei popoli. La nascita dei figli, spiega Jachetti, ha sancito per Asia la perdita della vanità e l’inizio del grande viaggio che dovrà “condurre alla morte dell’ego”. Parole grosse.