Lezione di cinema: Campo e controcampo

Sandro Bernardi nel suo libro L’avventura del cinematografo definisce il Campo-Controcampo come “una tecnica utilizzata durante la fase di montaggio di un film, articolata in due distinte inquadrature speculari. Si tratta di uno degli effetti più usati nel linguaggio cinematografico. Di solito viene usato nei dialoghi e mostra alternativamente il primo e il secondo soggetto mentre parlano, o scambiano gesti e sguardi: al botta e risposta corrispondono le inquadrature dell’uno o dell’altro.

Il punto di vista può essere soggettivo (come se vedessimo con gli occhi del personaggio)

 

o semi-soggettivo (con la macchina da presa posta in un punto dietro il personaggio in modo da vedere sia lui sia ciò che gli sta davanti), con un punto di vista coerente per altezza e inclinazione col suo.

 
Ad esempio se un personaggio sta parlando da una terrazza con un altro si alterneranno inquadrature dal basso (verso la persona sul balcone) e dall’alto (verso la persona in strada), mantenendo all’incirca il punto di vista dei personaggi.

 Il campo contro-campo può avere varie angolature. Nel cinema classico era di solito di tre quarti, mentre il campo controcampo a 180 gradi era riservato alle (rare) scene di violento contrasto tra i personaggi, secondo l’uso che ne aveva fatto per primo David W. Griffith, nel Giglio infranto (1919). 

Si possono intendere come campo-controcampo anche i raccordi di soggettiva (dove si mostra un personaggio e poi l’oggetto che sta guardando). Nello spettatore il collegamento spaziale tra i due elementi, soggetto e oggetto, all’interno della stessa azione è immediato e automatico.”

Ora osserviamo alcuni esempi famosi di campo controcampo

 
In questo magnifico film, qua visibile in originale, lo scambio di battute tra i due bravissimi attori avviene con questo strumento. Michael Mann, uno dei migliori registi in circolazione, taglia l’immagine appena alle spalle dei protagonisti. I due parlano tra di loro, ma non si vedono mai i loro volti contemporaneamente. Lo stesso taglio di ripresa viene usato anche nel finale di Collateral dal regista americano.

Sergio Leone utilizzava la tecnica durante i suoi duelli e non solo. I duelli, però, avevano un suo marchio di fabbrica. Leone stringeva l’immagine sui primissimi piani con zoommate in avanti, ponendo in risalto gli occhi, per poi allargare l’immagine.

Il regista giapponese Yasujiro Ozu prediligeva la macchina posizionata quasi a terra, vicina all’umiltà dei suoi personaggi, ripresi sempre da una certa distanza, anche nel campo-controcampo presente in questo brano tratto da Il gusto del sakè.

Le scene talvolta richiedono necessariamente l’uso di questa tecnica e John Ford ne fa ricorso nella scena della diligenza in Ombre Rosse. Eppure Ford divide l’immagine distribuendo i personaggi in relazione al loro carattere, al ruolo che occupano nel film. Il banchiere, profittatore disonesto ed arrogante, schiacchia le donne al suo fianco. Il timido rappresentante subisce la presenza del dottore alcolizzato.

 Stanley Kubrick in Orizzonti di gloria ci mostra come il campo-controcampo indica anche un cambiamento nella trama, un profondo cambiamento maturato tra i personaggi presenti sullo schermo. Nel colloquio intercorso tra il generale Broulard e il generale Mireau, Kubrick usa il campo-controcampo secco fintanto che Mireau oppone la logica e la difesa dei propri soldati al folle ordine dei comandi militari. Non appena Mireau, irretito dalla promessa di promozione, cade nella trappola di Broulard, la macchina segue un movimento circolare e sinuoso, fedele specchio della trappola lessicale in cui Mireau è caduto, simile in questo ad un ragno che tesse la sua ragnatela.

Nella scena di Io ti salverò Hitchcock propone prima il gruppo di uomini intendo a spettegolare come vecchie comari prima dell’arrivo della Bergman nella sala. Il regista inglese usa il campo-controcampo per significare la distanza che intercorre tra il gruppo di medici che sta giudicando la collega mostrando invidia e irritazione nei confronti della donna per la sua libertà riacquisita grazie al rapporto con Peck.

Ci fermiamo qua perchè gli esempi sono talmente tanti ed interessanti che si potrebbe quasi continuare all’infinito. Chiudiamo con il campo-controcampo classico, banale e tipico di tanto cinema oggi.  La macchina da presa è statica, non ha funzioni narrative ma si limita a seguire il parlato e le mosse dei protagonisti senza giocare sulla profondità di campo, senza assumere alcun punto di vista.

 

 

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1 Response

  1. Luigi scrive:

    Che spettacolo ragassssiii

     

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