Vice – L’uomo nell’ombra

Il nostro parere

Vice – L’uomo nell’ombra (2018) USA di Adam McKay

Il Governatore del Texas, George W. Bush, sceglie Dick Cheney, amministratore delegato della Halliburton Co, come proprio vice per le elezioni presidenziali del 2000. Giunti alla Casa Bianca, i due utilizzano il proprio potere rimodellare il paese.

Il ritratto di un uomo che ha gestito il potere al riparo dai riflettori, lontano dalle telecamere, mandando avanti (questa è la considerazione proposta) un manichino senza qualità che facesse da richiamo. McKay ci propone Dick Cheney senza filtri, mostrandolo come un rebus impossibile da risolvere. L’uomo, la conquista e l’esercizio del potere, lo svuotamento della democrazia sono al  centro di una pellicola affascinante per quanto fredda nella sua sostanza.

Il regista utilizza uno stile intermittente, infilando inserti stranianti durante la recitazione. Improvvisamente i personaggi parlano in versi, oppure il film si conclude su un happy end mai avvenuto. Il biopic è servito in una salsa diversa dal solito in un flusso narrativo diacronico che serve per evidenziare le contraddizioni dì Cheney, le sue debolezze trasformate in punti di forza.

L’irresistibile ascesa di Cheney viene mostrata attraverso la prova mimetica di Bale, ingrassato e truccato per assomigliare all’uomo politico, che non si limita alla sola somiglianza fisica poichè assume su di sè il peso e la lentezza del personaggio. La recitazione superba dell’intero cast permette di superare alcuni limiti e salti narrativi (troppe cose lasciate alla semplice intuizione del pubblico) anche se il finale è un colpo di genio esemplificatore per spiegare, meglio di molte parole, la situazione preoccupante delle democrazie mondiali.

 

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