Un sogno lungo un giorno (Il REX a Izola)

di Gianfranco Angelucci

Alla nuova darsena di Rimini si è rievocato Fellini e il suo Amarcord. Argomento non di secondo piano per la serata inaugurale della “Freedom Cup”, la regata d’altura tra Rimini e Izola d’Istria organizzata dall’ “Associazione Ponte sull’Adriatico”. E’ stata San Marino a propiziare l’evento, anche in onore al proprio Santo Patrono …

che contiene nel nome il mare e avanza origini dalmate; una premessa di destino che sta prosperando in questa stagione di grande fermento e profondi rivolgimenti. La Repubblica del Titano ha avvertito per prima la necessità  di squarciare l’orizzonte verso inconsueti scenari, di creare nuove alleanze, nuove opportunità. Renzo Ghiotti, ambasciatore presso la Repubblica Slovena ha lanciato l’idea, raccolta immediatamente dal collega dell’altra  sponda Iztok Mirosic e sostenuta con convinzione da Antonella Mularoni e Fabio Berardi, Segretari di Stato rispettivamente per gli Affari Esteri e per il Turismo e lo Sport. Ed ecco costruito un ponte concreto: un magnifica campata di barche di ogni categoria che uniranno idealmente le due coste per l’arco di una notte e un giorno, quanto impiegheranno i concorrenti a concludere la traversata.  Impresa non trascurabile, come ha chiarito il presidente dell’Associazione prof. Carlo Daniele, chirurgo di grido ma soprattutto in questa vicenda grande esperto di vela coinvolto in prima persona nella regata; perché per quanto l’Adriatico si presenti con l’aspetto di un mare chiuso e tranquillo, in realtà il suo nervosismo è familiare ai naviganti, le turbolenze di cielo sono a volte repentine e violente, e la notte affrontata sotto la sola luce delle stelle reca con sé imprevedibili insidie. E’ stato Giulio Guazzini, ben noto commentatore sportivo della RAI ed egli stesso appassionato regatista al punto da meritare il secondo posto d’onore ai Campionati del Mondo, a illustrare le caratteristiche tecniche della gara e a raccontare cosa significa sfidare le tenebre su una barca che, per quanto solida e attrezzata, appena svanito l’ultimo chiarore diventa un guscio di noce sopra una sterminata distesa di pece, a stento visibile dalle lanterne rosse e blu della convenzione marinara, dalle quali è possibile dedurre quantomeno la direzione di rotta. La serata alla Nova Darsena s’è rivelata avvincente, un bell’appuntamento per gli amanti del mare ma anche per gli appassionati di cinema. Infatti è stato d’obbligo parlare di Fellini e del suo film più amato dai romagnoli. In Amarcord c’è una sequenza indimenticabile in cui, essendo corsa notizia che al largo della costa, molte miglia fuori, passerà il Rex, quasi tutti gli abitanti del ‘borgo’ si attrezzano con barche, mosconi e pescherecci per andare incontro al transatlantico e ammirare da vicino quel portento della tecnica, quel gigante del mare che costituiva un vanto assoluto del regime. L’enorme piroscafo che solcava gli oceani con il suo carico di lusso e trasgressione era un sogno a occhi aperti, una condizione soltanto fantasticata da chi trascorreva un’esistenza immutabile e senza spiragli al riparo delle anguste mura cittadine.  Proprio nel 1937, come scrive Daniele Gaudenzi nel suo bel libro “Cinema e storia”, Vittorio Mussolini appena ventunenne si era imbarcato sul transatlantico, incoraggiato dal padre, per andare in America a chiudere accordi di coproduzione per film tratti dai nostri più popolari melodrammi; e nell’occasione era stato ricevuto alla Casa Bianca, per un tè in compagnia del presidente Roosevelt e sua moglie Eleanor, negli stessi giorni in cui il duce volava in Germania per allearsi con Hitler. Insomma il Rex era il progresso, il futuro, la prosperità, il sogno italiano verso un’aurora gloriosa. Come tradurre tutto ciò nel film? Fellini non pensò neppure per un momento, come forse temeva il produttore Franco Cristaldi, di realizzare una sequenza in mare aperto, di notte, con l’utilizzazione di una vera nave in transito; operazione non solo costosissima ma di fatto impraticabile. E ricorse alla soluzione più congeniale, girare la scena a Cinecittà. Lo scenografo Danilo Donati, l’architetto Giorgio Giovannini addetto alle costruzioni, il geniale pittore di scena Italo Tomassi, apprestarono una gigantesca sagoma di masonite da collocare ai bordi della piscina dello stabilimento.  Studiarono l’angolatura prospettica, verniciarono il legno in tutto simile alla fiancata della nave, aprirono oblò illuminati, sagomarono comignoli fumanti, pavesarono il profilo di lampadine scintillanti. Gli attrezzisti di scena prepararono idranti con cui pompare l’acqua a somiglianza delle onde spumose sollevate dalla prua; e i macchinisti approntarono trenta metri di binario sui quali potesse scorrere la macchina da presa parallelamente alla fiancata della nave. La ripresa venne effettuata di notte in modo che il buio inghiottisse ogni sfondo e la sagoma del Rex si materializzasse grazie alla calibrata illuminazione di Peppino Rotunno. Era il bianco dell’enorme scafo dipinto a produrre la sensazione del chiarore improvviso, un’apparizione prodigiosa dal profondo delle tenebre. In post produzione i rumoristi aggiunsero il muggito delle sirene che si disperde nell’aria insieme al fumo delle ciminiere; e Fellini seduto sul dolly coordinò il movimento di discesa della gru e di scorrimento del carrello adatti a suggerire il transitare della nave davanti agli occhi; un classico ‘movimento indotto’ che si ottiene spingendo la cinepresa in senso opposto al soggetto che viene inquadrato. Ed ecco compiuto il miracolo: il Rex occupa a un tratto l’intero campo visivo, tutto lo schermo; e in controcampo vediamo i personaggi del film che si sbracciano e salutano estasiati, commossi, abbracciandosi con le lacrime agli occhi, inneggiando al duce con le braccia alzate, sventolando i fazzoletti, saldamente a bordo delle loro imbarcazioni di cartapesta galleggianti su un mare di plastica nera.  Verrebbe da dire, la magia del cinema; che tuttavia si esalta nella potente visionarietà di un vero illusionista come Fellini: “Carta colla e forbici, sono questi gli effetti speciali” amava ripetere con fierezza da cinematografaro. Il passaggio del Rex è restata forse l’immagine più amata e citata di Amarcord.  Nel film il Rex volge la prua a sinistra  passando davanti a Rimini, dunque risulta chiaro che è diretta a nord, verso Trieste. E il caso volle che quel gioiello del regime costruito per sconfiggere gli oceani, incontrasse la sua fine imprevedibile proprio nell’Adriatico; dopo il fatale 8 settembre il transatlantico fu bombardato mentre cercava riparo in porto e affondò a ridosso delle coste di Izola. Dove giace da ormai settant’anni; e non c’è abitante della cittadina che non ne conservi in casa un souvenir, una posata, un accessorio, riportato in superficie dai sommozzatori. Un altro bel mistero in cui avventurarsi, ma che intanto pone il sigillo su un segreto in comune tra le due sponde. Un matrimonio del mare?

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